Besana, chiuse le indagini sul delitto di Brugora: accusata di omicidio anche la vicina di casa

Chiuse le indagini sull’omicidio di Giuseppe Piazza lo scorso giugno a Brugora di Besana in Brianza: la Procura accusa Angela Scarfò di aver chiesto aiuto al fratello Michele per uccidere il vicino di casa con cui i rapporti erano ormai irrimediabilmente tesi.
Besana, omicidio nella frazione di Brugora
Besana, omicidio nella frazione di Brugora Attilio Pozzi

È stata lei a chiedere l’aiuto del fratello. Lei che, secondo l’accusa, ne ha armato la mano. Lei che girava con la pistola nella borsa a causa delle continue tensioni col vicino. Abbastanza, secondo la procura di Monza, per contestare il concorso morale in omicidio ad Angela Scarfò, sorella del 55enne Michele, in carcere dallo scorso giugno con l’accusa di aver ucciso, a Brugora, il suo coetaneo Giuseppe Piazza, vicino di casa della donna.


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Il sostituto procuratore di Monza Alessandro Pepè ha formalmente chiuso le indagini relative al fatto di sangue che il 22 giugno 2017 aveva sconvolto la comunità della piccola frazione besanese. L’accusa di omicidio, aggravata dalla premeditazione e dai futili motivi, riguarda dunque sia Michele Scarfò, veduggese di origini calabresi, che la sorella Angela, dirimpettaia della vittima.

L’omicidio era avvenuto davanti agli stand della sagra di Brugora, con i volontari che stavano ultimando i preparativi per la festa. Il fatto nasce dai rapporti di vicinato irrimediabilmente deteriorati tra Angela Scarfò e la vittima, che aveva precedenti penali per vecchie vicende di droga. Liti continue, e una passata vicenda giudiziaria tra i due, che aveva portato al sequestro del cane della donna.

Da quanto emerso, la donna sarebbe stata solita tenere con sé la pistola, appartenuta precedentemente al marito, nel timore di nuovi scontri con Piazza. Quest’ultimo, peraltro, aveva l’abitudine di costruire strane armi artigianali, ispirate a quelle medievali. Una di queste, un bastone di legno con chiodi infilati all’interno, e legato ad altri oggetti appuntiti con un filo di nylon, sarebbe stata usata dall’uomo contro Scarfò, che quel giorno era intervenuto in difesa della sorella dopo l’ennesima lite del mattino (durante il quale la donna aveva chiamato i carabinieri lamentando di essere stata minacciata da Piazza).

Scarfò (pregiudicato come la vittima) presentava infatti delle escoriazioni al volto, segno dell’avvenuto scontro con Piazza sul piazzale delle case di via Cavour, di fianco all’abbazia di Brugora, culminate con un colpo di pistola sparato al fianco.

L’uomo non era stato arrestato nell’immediatezza del fatto. I carabinieri, tuttavia, non ci avevano impiegato molto ad arrivare a lui, che aveva poi riferito agli investigatori di aver gettato la pistola in un laghetto. La difesa di Scarfò, rappresentata dall’avvocato Roberta Minotti, sembra voglia sostenere la tesi della legittima difesa, mentre la procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio.