Bande liquide a Muggiò, una sfida per i genitori: «Proteggete la comunità»

La pedagogista Silvia Masiero commenta il clamore suscitato su facebook dal servizio de “Il Cittadino” sulle bande di minori che “occupano” la città
Silvia Masiero
Silvia Masiero Luca Scarpetta

«Le polemiche sulle bande liquide? Mi è sembrato un invito a tutti i genitori attenti e coinvolti, a fare “scudo” per proteggere la comunità: una bella sfida, dunque, non una dichiarazione di guerra».

È questa la chiave di lettura che la sociologa e pedagogista muggiorese Silvia Masiero, invita ad utilizzare per comprendere il senso del servizio pubblicato sul Cittadino e poi su ilcittadinomb.it, che in città ha destato un inaspettato scalpore, rimbalzando sui social e da una chat di classe all’altra nel giro di poche ore, anche perché l’Istituto Comprensivo Casati lo ha indicato alle famiglie come spunto di riflessione.

Non tutti però lo hanno compreso: alcuni si sono presi gioco dell’espressione “bande liquide”, senza sapere che il termine, rifacendosi a Bauman, è stato coniato da Ciro Cascone, procuratore capo presso il Tribunale dei minori di Milano; altri hanno accusato il giornale di allarmismo per vendere copie e di una presunta esigenza di notorietà, come se una testata di 120 anni ne avesse bisogno, e senza tenere in considerazione che quando le istituzioni e le forze dell’ordine si muovono, probabilmente il rischio è serio.

«Come pedagogista – ha proseguito Masiero – ma anche e soprattutto come madre e cittadina muggiorese, mi ha colpito la risonanza che ha avuto la notizia. Esagerati o no, i contenuti di questo articolo ci hanno in qualche modo toccato e la sostanza resta: si tratta di fatti realmente accaduti».

Ma cosa ha provocato tanto scalpore? «Forse la sua conclusione lapidaria: “Già, i genitori questi sconosciuti”, forte, provocatoria, che convoca tutti: madri, padri, insegnanti, l’intera comunità educante». Spiega Masiero: «Come spesso capita quando ci si sente attaccati, si attiva anche inconsapevolmente un meccanismo di difesa che nega (non è vero che succedono queste cose), ridimensiona (non saranno tutti così, sono eccezioni) o attribuisce la responsabilità ad altro o ad altri (il giornale esagera). È un meccanismo che vedo verificarsi frequentemente, dettato spesso dalla tendenza a percepire l’altro (che sia il genitore, l’insegnante, il marito, la moglie) come “contro” e non “con” noi nel compito educativo».

Eppure alcuni ragazzi, leggendo l’articolo, non hanno negato i fatti, pur non essendo direttamente coinvolti: «Ho pensato anche che mio figlio così come tanti suoi amici, potrebbero trovarsi in mezzo a certe situazioni pur involontariamente, risucchiati magari solo per sbaglio in quelle bande “liquide”, composte anche da ragazzi più grandi che possono esercitare attrazione, e desiderio di emulazione. Può capitare anche ai figli di genitori presenti e attenti e sì: “Può capitare anche a me”. È vero, i nostri ragazzi non sono criminali, ma possono sbagliare: poi, però, è compito nostro rielaborare con loro e testimoniare che si può sempre rimediare e cambiare, ridare loro dei limiti perché ne hanno un estremo bisogno». Meno male che se ne parla, insomma, e che si solleva il dibattito, «che vengano coinvolti i figli e le figlie condividendo con loro un articolo di giornale, provando a sentire il loro parere, ad ascoltarli».

Senza la scuola, gli oratori, i giardinetti, i centri di aggregazione, i campi sportivi, cosa resta ai ragazzi se non la strada? Se non le provocazioni o le risse per rendersi visibili? «E fa male sentirselo dire sì, ma a volte (per fortuna non sempre) alcune famiglie davvero non esistono. I veri assenti sono coerenti e mancano all’appello anche qui. Sentirci un po’ accusati o giudicati, invece, credo sia la prova di questo nostro essere presenti». Allora diffondere il dibattito, fare “scudo” e allearsi per proteggere, insieme, la comunità, è una prospettiva realizzabile, soprattutto in una città come Muggiò «a partire – conclude Masiero – dai singoli quartieri nei quali, come una volta ci si conosce un po’ tutti e si può fare rete».