«Le polemiche sulle bande liquide? Mi è sembrato un invito a tutti i genitori attenti e coinvolti, a fare “scudo” per proteggere la comunità: una bella sfida, dunque, non una dichiarazione di guerra».
È questa la chiave di lettura che la sociologa e pedagogista muggiorese Silvia Masiero, invita ad utilizzare per comprendere il senso del servizio pubblicato sul Cittadino e poi su ilcittadinomb.it, che in città ha destato un inaspettato scalpore, rimbalzando sui social e da una chat di classe all’altra nel giro di poche ore, anche perché l’Istituto Comprensivo Casati lo ha indicato alle famiglie come spunto di riflessione.
Non tutti però lo hanno compreso: alcuni si sono presi gioco dell’espressione “bande liquide”, senza sapere che il termine, rifacendosi a Bauman, è stato coniato da Ciro Cascone, procuratore capo presso il Tribunale dei minori di Milano; altri hanno accusato il giornale di allarmismo per vendere copie e di una presunta esigenza di notorietà, come se una testata di 120 anni ne avesse bisogno, e senza tenere in considerazione che quando le istituzioni e le forze dell’ordine si muovono, probabilmente il rischio è serio.
«Come pedagogista – ha proseguito Masiero – ma anche e soprattutto come madre e cittadina muggiorese, mi ha colpito la risonanza che ha avuto la notizia. Esagerati o no, i contenuti di questo articolo ci hanno in qualche modo toccato e la sostanza resta: si tratta di fatti realmente accaduti».
Ma cosa ha provocato tanto scalpore? «Forse la sua conclusione lapidaria: “Già, i genitori questi sconosciuti”, forte, provocatoria, che convoca tutti: madri, padri, insegnanti, l’intera comunità educante». Spiega Masiero: «Come spesso capita quando ci si sente attaccati, si attiva anche inconsapevolmente un meccanismo di difesa che nega (non è vero che succedono queste cose), ridimensiona (non saranno tutti così, sono eccezioni) o attribuisce la responsabilità ad altro o ad altri (il giornale esagera). È un meccanismo che vedo verificarsi frequentemente, dettato spesso dalla tendenza a percepire l’altro (che sia il genitore, l’insegnante, il marito, la moglie) come “contro” e non “con” noi nel compito educativo».
Eppure alcuni ragazzi, leggendo l’articolo, non hanno negato i fatti, pur non essendo direttamente coinvolti: «Ho pensato anche che mio figlio così come tanti suoi amici, potrebbero trovarsi in mezzo a certe situazioni pur involontariamente, risucchiati magari solo per sbaglio in quelle bande “liquide”, composte anche da ragazzi più grandi che possono esercitare attrazione, e desiderio di emulazione. Può capitare anche ai figli di genitori presenti e attenti e sì: “Può capitare anche a me”. È vero, i nostri ragazzi non sono criminali, ma possono sbagliare: poi, però, è compito nostro rielaborare con loro e testimoniare che si può sempre rimediare e cambiare, ridare loro dei limiti perché ne hanno un estremo bisogno». Meno male che se ne parla, insomma, e che si solleva il dibattito, «che vengano coinvolti i figli e le figlie condividendo con loro un articolo di giornale, provando a sentire il loro parere, ad ascoltarli».
Senza la scuola, gli oratori, i giardinetti, i centri di aggregazione, i campi sportivi, cosa resta ai ragazzi se non la strada? Se non le provocazioni o le risse per rendersi visibili? «E fa male sentirselo dire sì, ma a volte (per fortuna non sempre) alcune famiglie davvero non esistono. I veri assenti sono coerenti e mancano all’appello anche qui. Sentirci un po’ accusati o giudicati, invece, credo sia la prova di questo nostro essere presenti». Allora diffondere il dibattito, fare “scudo” e allearsi per proteggere, insieme, la comunità, è una prospettiva realizzabile, soprattutto in una città come Muggiò «a partire – conclude Masiero – dai singoli quartieri nei quali, come una volta ci si conosce un po’ tutti e si può fare rete».