A Muggiò dopo 24 anni chiude “la pizzeria del Fabry”: «Colpa di Covid e delivery»

Parla Fabrizio Chiavegati, il titolare de “Il Golosone” storica pizzeria della Taccona. «Decisione sofferta ma è venuta meno la parte del lavoro legata all’aggregazione, agli eventi: scuole, società sportive, serate tra amici, comitive»
Fabrizio Chiavegati
Fabrizio Chiavegati Luca Scarpetta

Il Covid, un lavoro senza sabati e domeniche, ma anche un mondo – quello del ristoro – ormai profondamente cambiato. Si spegne il forno della pizzeria “il Golosone” di Muggiò, l’ultimo dei negozi storici di piazza Don Minzoni, semplicemente la “pizzeria del Fabry” per la maggior parte dei clienti per i quali l’attività di Fabrizio Chiavegati è stata per ventiquattro anni un punto di riferimento.

Già perché per i tacconesi i negozi intorno al Palazzone hanno portato a lungo i nomi dei loro proprietari: come il “Mario” che è poi diventato il “Gianluca” (l’edicola-ricevitoria) dopo il passaggio di consegne tra padre e figlio, come l’ “Angela” (la latteria), il “Luciano” (la tabaccheria), il “Gerry” (il bar), e ancora come il “Franco” (calzolaio) e l’ “Enrico” (casalinghi) solo per citarne alcuni.

Prima in via Confalonieri, nella seconda metà degli anni Novanta, quando il Golosone divenne un luogo di ritrovo per le compagnie dei 16enni di allora, che si incontravano lì di fronte quasi tutti i giorni: qualche chiacchiera con Fabrizio, una sigaretta, il fantacalcio, magari un trancio al volo, per anni, fino a quando i sedicenni non sono cresciuti e la pizzeria non si è trasferita poco più in là, in piazza Don Minzoni.

«È stata una decisione sofferta – ha raccontato Fabrizio senza smettere comunque di sorridere – Stiamo parlando di ventiquattro anni della mia vita, di un periodo nel quale sono cresciuto anche grazie a queste attività, di un rapporto che con la maggior parte dei miei clienti è di amicizia vera: non è stato facile».

Una decisione probabilmente impensabile soltanto un paio di anni fa, poi però è arrivato il Covid: «È venuta meno tutta quella parte del mio lavoro legata all’aggregazione, agli eventi: scuole, società sportive, serate tra amici, comitive – ha spiegato Fabrizio, ma non solo – È cambiato il modo di vivere: di compagnie di sedicenni come quella che a metà degli anni Novanta aveva la mia pizzeria come punto di ritrovo, ce ne sono state forse ancora un paio. Anche il mondo del ristoro si è trasformato completamente, soprattutto per la diffusione del delivery e delle applicazioni smart, ma anche perché sono cambiate le esigenze delle persone: perfino al sabato si vedono solo famiglie, invece di ragazzi pochi. Una volta era diverso». Il futuro è tutto da scrivere: «Non lo so ancora – sorride Fabrizio – sto facendo un salto nel buio, ma sono sereno».