Costa di Mezzateregno della fantasia

Costa di Mezzateregno della fantasia

È una festa popolare. È un festival di teatro. È la festa del patrono, San Giorgio. È uno dei migliori festival di teatro di strada in tutta la Lombardia e, su una scala nazionale, di un livello appena sotto ai più grandi. È un intero paese che si concentra e investe le proprie energie per la manifestazione. È un modello organizzativo-produttivo raro nella sua completezza: territorio, comunità, tradizione e modernità. Basta con gli indovinelli: tutto questo è «Magie al Borgo», il Festival internazionale d’arte di strada che il Comune di Costa di Mezzate cura, promuove, ospita e organizza da venerdì 24 aprile a domenica 26 aprile.

Per la manifestazione – che si avvale del patrocinio di Regione e Provincia e del sostegno della Fondazione della Comunità Bergamasca, ed è diretta da Lorenzo Baronchelli di «Ambaradan» – si tratta della 9ª edizione. È un’età rispettabile, in un paese come l’Italia che ogni anno vede nascere e morire attività e festival. Ed è un valore aggiunto per questo piccolo gioiello: una kermesse tra musica, teatro e cucina tradizionale, che ha ormai assunto l’allegra fisionomia di un rapido, ma agguerrito festival di teatro di strada contemporaneo. Qualcosa che, per chi segue da vicino l’arte dei «buskers» e degli artisti di strada, riassume tutti questi caratteri. Non si sottolineerà mai abbastanza quanto ciò sia importante. Di kermesse folcloristiche ce ne sono a dozzine. E tutto pongono l’accento su un aspetto essenziale: il recupero di un senso di comune appartenenza, in nome di una storia comune. Ma, oggi, molte manifestazioni hanno ripiegato o su remote vicende, oltre tutto di dubbia autenticità, o su identità più o meno inventate o più o meno leggendarie. «Magie al borgo» no: mobilita le risorse di tempo e volontà degli abitanti di Costa di Mezzate e le riversa su un ramo della ricerca teatrale che è diretta figlia delle ultime avanguardie e di una contemporaneità divenuta finalmente popolare. Parliamo di clown, acrobati, giocolieri, danzatori. Specialità antiche, che da trent’anni in avanti hanno ricevuto nuova linfa e costruito una nuova identità, al confine tra circo, mimo, danza e arte girovaga.

Nel caso di questa edizione di «Magie al borgo», parliamo di 24 spettacoli distribuiti in 68 repliche in tre giorni, per 24 compagnie e 66 artisti, provenienti da sette nazioni diverse. È il caso del felliniano «La dolce vita» dell’inglese Gandini Juggling Project; degli anglo-ungheresi Rob & Andrea Alton, acrobati e giocolieri aerei reduci da esperienze al Cirque du Soleil; dei cileni Los Chatos («Versus»); dell’argentino La Mula («A desmano»); del franco-italiano Homo Catodicus, ironica considerazione della nostra società televisiva. Sono solo alcuni dei nomi più in vista della kermesse. Ma permettono di farsi un’idea dei criteri di un festival di strada (ma forse sarebbe più giusto parlare di teatro all’aperto o di teatro negli spazi urbani) come questo: gli spettacoli tendono a rappresentare lo spettro più ampio possibile delle tecniche e degli stili. Non solo: sono tendenzialmente posti in rotazione nell’arco del sabato e della domenica, in modo che i visitatori (l’anno scorso furono almeno 30.000!) possano rendersi conto degli artisti e degli spettacoli nel loro insieme anche in una sola giornata. Il venerdì dalle 20,30 è invece il classico prologo: la musica balcanica dell’italiana Caravan Orkestar, il debutto del Gandini Juggling Project e gli italo-argentini Samsara con la loro danza orientale, più gli allievi dell’associazione «Feste in Costa», che organizza il festival. Il discorso vale anche per gli spettacoli più impegnativi, come l’atteso «Una giornata nell’Isola che non c’è» dell’italiano Four Fool Circus, in scena sabato alle 18, in replica la domenica alle 17. Ma vale a maggior ragione per esibizioni «leggere» da un punto di vista della struttura scenografica o dell’attrezzeria: i Los Chatos replicano due volte al giorno, tra sabato e domenica, il loro duetto-duello a base di acrobatica, clownerie e gag demenziali. Stesso discorso per le spagnole Cokocoko («Coketerias»). E gli italiani Petit Soleil («Evento babele») mettono a segno addirittura 11 ripetizioni in due giorni. Queste ultime considerazioni consentono un’ultima nota. Quasi tutti gli spettacoli sconfinano nel comico, quando non sono apertamente comici. Ma è un genere di comicità fisico, gestuale e visivo, a cui abbiamo perso l’abitudine. E poi il vero spettacolo è un altro: l’effetto d’insieme di decine d’attori e artisti contemporaneamente all’opera, nelle vie e nelle piazze, invase dalla folla, di uno dei borghi più belli della nostra provincia. Da non perdere.