Brugherio – Le note di Haendel, di Bach, di Valerj ridaranno voce stasera in San Bartolomeo all’organo Tornaghi. A far vibrare le quasi 1.700 canne dello strumento costruito nel 1859, muto dal 1954, sarà Irene De Ruvo, musicologa brugherese e organista del Carrobiolo di Monza che, alle 21, sarà la protagonista del concerto in cui eseguirà per la prima volta la composizione “Oro, argento e mirra” della marchigiana Mariella Martelli, dedicata ai Re Magi. Proprio la De Ruvo, con il suo fiuto e la sua esperienza, nel 2007 ha intuito l’importanza dell’esemplare abbandonato da decenni sopra il portale d’ingresso. Le ricerche nell’archivio parrocchiale le hanno consentito di attribuire la paternità a Livio Tornaghi, uno degli organari brianzoli più noti nell’Ottocento, grazie al documento legato al contenzioso per il pagamento. «A differenza degli altri strumenti di Tornaghi – spiega la musicologa – questo non è marchiato a fuoco con le iniziali del fabbricatore. L’atto, però, non lascia alcun dubbio sul fatto che sia stato realizzato da lui».
La scoperta ha convinto l’allora parroco don Giovanni Meraviglia ad avviare l’iter per il restauro, costato 200.000 euro. I lavori sono stati affidati alla bottega di Carlo Capra, di Rosate, e lo smontaggio è cominciato nel 2009. I contributi sono arrivati man mano dalla Fondazione Cariplo, che ha stanziato 100.000 euro, dalla Banca del Monte di Lombardia, dal fondo per il restauro degli organi antichi finanziato con l’8 per mille, dalle offerte dei brugheresi e dal Lions I Tre Re. All’appello mancano ancora 20.000 euro. «Il Tornaghi di Brugherio – spiega la De Ruvo – ha diverse peculiarità. È molto grande, ma più discreto rispetto a quello del Carrobiolo. Dobbiamo, però, considerare che all’epoca la chiesa era più piccola e il suo suono risultava più potente».
Quel che è certo è che era costato molto: «La comunità di allora – riflette l’organista – era povera, composta perlopiù da contadini. Ha compiuto un enorme sforzo per finanziare lo strumento». L’artigiano ha lavorato oltre un anno per la sua creatura, consegnata in ritardo come si legge nel contenzioso ritrovato in archivio. Per ricostruire la pedaliera e la tastiera, distrutte da una modifica effettuata nel 1940 quando l’organo è stato trasformato da meccanico in pneumatico, il restauratore ha preso come modello il Tornaghi di Sant’Antonio Abate di Milano che, molto probabilmente, è identico all’originale di San Bartolomeo. Il recupero ha spinto la De Ruvo ad ampliare le ricerche sull’arte organaria dell’Ottocento a Monza e dintorni, sfociate nel volume scritto con Mario Manzin: «Se non possiamo parlare di una vera scuola – spiega – possiamo parlare almeno di tradizione, data la presenza delle botteghe dei Tornaghi, degli Amati, dei Melzi e degli Aletti».
Monica Bonalumi