Meda – Radici salde e umili ricordi. Questi gli insegnamenti che Tarcisio Negrini, ultimo arrotino di Meda, ha appreso dal nonno materno e poi dal padre. Un mestiere, il suo, che ha inevitabilmente subito i cambiamenti sociali, tecnologici e del mercato degli ultimi decenni, ma che, vista anche la crisi che ci sta consumando, potrebbe ancora offrire buone opportunità. Nel suo negozio di corso Italia, il signor Tarcisio, conserva ancora il carrettino con la ”mola” del nonno. «Mio nonno e i miei zii partivano dalla Valmalenco per recarsi nei comuni della Brianza, Seregno, Meda e altri paesi vicini per svolgere il proprio mestiere – racconta Negrini, 57 anni, ancora innamorato di un lavoro ormai al tramonto – Ricordo quando si partiva per venire da queste parti. Poi quando facevo ancora le elementari, col resto della mia famiglia, ci siamo trasferiti a Meda. Inizialmente mio papà continuava a fare l’arrotino andando in giro. Non era l’unico. A Seregno si ritrovavano tutti gli arrotini nel cascinale dell’Oca. Poi i tempi sono cambiati e mio padre Giuseppe con mio fratello Marcello hanno aperto un negozio. Io sono subentrato a mio fratello che ha preferito dedicarsi ad altro nel 1973 e da allora, insieme a mia sorella, gestisco questa attività».
Tarcisio, continuando nel suo narrare, racconta anche che gli arrotini usavano comunicare con una lingua particolare che capivano solo loro, detta ”calmùn”. Un gergo che Tarcisio non ha fatto in tempo ad apprendere, se non per poche espressioni o termini.
Il lavoro del ”molita”, se lo immaginiamo oggigiorno, può sembrare uno di quei mestieri di scarsa importanza, ma si tratta un’idea frettolosa, figlia dei nostri tempi. Basti tuttavia immaginare a quante forbici da sarto, a quanti strumenti da falegname e a quanti coltelli da macellaio, l’arrotino affilava pazientemente le lame. Il suo lavoro era prezioso per gli artigiani, di lui non si servivano solo le massaie dei cortili. Ancora oggi Tarcisio ”mola” coltelli, forbici e quant’altro: «Ormai però la qualità non è più quella di una volta – ha spiegato il medese, convinto peraltro che il suo lavoro, come molti lavori artigianali, possa ancora offrire delle chance – In un periodo di crisi occupazionale come l’attuale, un giovane potrebbe imparare questo mestiere e quindi crearsi un’opportunità. E se è bravo potrebbe persino garantirsi il futuro. Inoltre scongiurerebbe il pericolo d’estinzione di questo mestiere, ridandogli una certa dignità anche sociale».
Il nipotino Giordano, che assiste anche lui affascinato alle scintille che scaturiscono dalla mola, e che frequenta le scuole elementari, non condivide l’opinione dello zio e afferma con orgoglio che lui da grande farà il pompiere. Chissà.
Ivan Bavuso