Monza – Una nuova cultura, in grado di superare i luoghi comuni che accompagnano le persone con la sindrome di Down, per imparare a camminare tutti insieme, anche nello sport.
Nel manifesto che ha promosso, domenica 9 ottobre, la Giornata nazionale delle persone con la sindrome di Down a camminare insieme sono stati il capitano dell’Inter, Javier Zanetti e il monzese Dario Mosconi. Tutti e due, insieme, per dire che la sindrome di Down non costringe chi ne è affetto in un angolo. Tutt’altro: essere differenti è normale. Dario Mosconi, 24 anni a fine ottobre, vive a Monza con papà, mamma e due fratelli. Dopo aver studiato alla scuola alberghiera, è da tre anni aiuto-cuoco all’Hotel de la Ville. Ed è lui il testimonial, con il campione Javier Zanetti, della campagna per la Giornata 2011 delle persone con sindrome di Down.
La vita di Dario è ricca di impegni ed è questa la migliore dimostrazione del messaggio che la Giornata intende dare. Dario per tanti anni ha fatto sport, arrivando anche ai Giochi europei Special Olympics di nuoto, a Roma nel 2006 e di sci in Austria. Propio a Roma ha conosciuto una bella ragazza bionda, Chiara, «e da più di tre anni – rimarca il 24enne- ci vogliamo molto bene». Tra le sue passioni ci sono la montagna (è salito su due delle cime più alte del Monte Rosa) e i tanti amici, al lavoro, in parrocchia e con il gruppo Orizzonte. Dario ha una marcia in più anche grazie alla fede e tra i suoi ricordi più belli c’è l’incontro con il Papa, ancora una volta in rappresentenza delle persone con sindrome di Down. Proprio come con il capitano nerazzurro. «Ammiro Zanetti da quando avevo 13 anni – racconta Dario – e la mia squadra del cuore è proprio l’Inter. Sono tifoso da sempre, ma sono anche sportivo verso le squadre che competono con l’Inter, l’importante è che la vittoria vada al migliore».
L’incontro con Zanetti è avvenuto un giovedì di luglio, alla Pinetina di Appiano Gentile. «È stata una giornata di quelle che non si dimenticano, accanto a uno dei miei idoli. Avevo già incontrato Zanetti, ma questa volta è stata speciale, perché i nostri volti sono finiti insieme su un manifesto che dice che nello sport, come nella vita, non dovrebbe esserci differenza tra le persone, nemmeno se uno è una persona con la sindrome di Down, come sono io». «Certo – conclude Dario – la sindrome è causa di molte difficoltà e fatiche, ma anche così posso essere felice, incontrare tante persone e crescere con loro, vivendo la mia vita con gioia». Perché essere differenti è normale.
Arianna Monticelli