Concorezzo – «In azienda c’è preoccupazione: siamo tutti padri di famiglia e non vogliamo perdere il lavoro». È il primo pensiero con cui si svegliano i dipendenti della Ceccato di Concorezzo, ogni mattina quando vanno al lavoro. Il primo pensiero da quando l’azienda ha comunicato che dal 23 aprile 2012 tutta la parte produttiva si sposterà in Sardegna, a Macomer. Là ci sono pronti 22 milioni di euro messi a disposizione dall’amministrazione regionale per far ripartire il polo industriale della Bic Sardegna, attualmente in dismissione.
«Non abbiamo deciso di scontrarci con la dirigenza e con la proprietà perché fino all’ultimo speriamo che il dialogo possa essere l’arma vincente – dice uno dei lavoratori, 45enne, con una figlia a carico e un mutuo da pagare -. Andare in Sardegna significa perdere tutto ciò che si è costruito in una vita. O quello, o niente lavoro. È questa l’alternativa che ci hanno proposto». Infatti l’azienda concorezzese ha fatto una proposta chiara ai suoi dipendenti che più o meno suona in questi termini: «Se volete continuare a lavorare per noi, dovete seguire lo spostamento della produzione e venire in Sardegna».
Alla richiesta, arrivata via fax sul finire dalla scorsa settimana ai sindacati, tutti sono rimasti senza parole. Anzi hanno sperato che si fosse trattato solo di un equivoco. Di questo e di tutte le azioni utili a fermare la delocalizzazione sarda si parlerà nell’incontro del prossimo 17 aprile in Confindustria a Milano. Ai due lati del tavolo si siederanno i rappresentanti del gruppo imprenditoriale, attivo nella produzione di meccanica di precisione, e i rappresentanti dei circa 40 lavoratori che rischiano il posto: «In azienda c’è un vero e proprio clima di terrore – ha detto Moreno Rezzano della Cgil – i lavoratori non si sono mobilitati perché c’è paura di ritorsioni e di pressioni, come è già accaduto in passato. Ma se i lavoratori ci sostenessero in fabbrica con un’azione dimostrativa, anche le nostre posizioni al tavolo del 17 aprile sarebbero più forti».
Poi c’è la parte sarda della vicenda. E anche lì, dall’altra parte del mare, non sono contenti di come si sta comportando il gruppo Ceccato. Secondo Ignazio Ganga della Cisl sarda: «È chiaro che ci dovrà essere il rispetto degli impegni assunti – ha recentemente dichiarato – Vale a dire che le risposte di carattere industriale e occupazionale devono essere date in favore del territorio che sta erogando i fondi». Ma i sindacati sardi non sono preoccupati solo per il rispetto degli accordi presi con la Regione.
Sono preoccupati anche per quanti lavoratori effettivamente verranno impiegati a Macomer. Jose Mattana, della Filctem-Cgil, ha così commentato la situazione negli ultimi giorni: «Si è passati dai 250 posti lavoro originari agli attuali trenta. Ora, con la notizia del trasferimento da Milano degli operai, ci chiediamo quanti saranno i cassintegrati locali che verranno impiegati e quali benefici avrà il territorio a fronte di una annunciata cospicua erogazione di denaro pubblico».
Lorenzo Merignati