Monza e il cinema, non fu amoreGianni Canova: occasione persa

«Il più grande parco urbano d'Europa. In Lituania altro che un film, ne avrebbero girati trenta. E l'avrebbero reso un luogo del cinema. A Monza no». Niente mezze misure per Gianni Canova, critico, docente di storia del cinema e preside di Comunicazione allo Iulm di Milano, oggi direttore del periodico “8 e ½”.
Monza e il cinema, non fu amoreGianni Canova: occasione persa

Monza – «Il più grande parco urbano d’Europa. In Lituania altro che un film, ne avrebbero girati trenta. E l’avrebbero reso un luogo del cinema. Qui no». Niente mezze misure per Gianni Canova, critico, docente di storia del cinema e preside di Comunicazione allo Iulm di Milano. E se non bastasse fondatore negli anni Novanta della rivista Duel, collaboratore di molte testate e oggi direttore del neonato periodico “8 e ½”, edito da Cinecittà, che anche di industria (cinematografica e culturale) si occupa. Lui ne è convinto, e vien da dire che sa di cosa parla: prima Monza, poi i dintorni, da decenni sprecano senza porsi il problema una risorsa che è allo stesso tempo culturale ed economica.
Colpa di chi?
Dei suoi politici, ovviamente. Perché se la domanda è se Monza e il suo parco si meritassero Jeanne Moreau, la risposta è sì: eccome se se la meritavano. Il problema è che a nessuno è venuto in mente che si potesse fare molto di più, con il parco. Con “8 e ½” abbiamo già denunciato l’arretratezza di alcuni territori e della loro incapacità di presentarsi alle film commission. Monza ne è un esempio. Perché mancano i politici capaci di farlo, senza capire che l’industria culturale può essere un volano economico. Però Antonioni ci ha creduto. Lui sì. Ma pochi altri.
E chi era Antonioni?
Soprattutto un grande architetto della visione. Quello che più di tutti ha capito che il cinema è un mezzo artistico che comunica sul piano iconico più che verbale. Più dei registi romanzieri, come Pasolini, o come Visconti, lui è stato un pittore. E “La notte” lo dimostra: raramente Milano è stata così bella come in quel film. È lento, certo, noioso per qualcuno, ma visivamente è straordinario, e a me basta quello.
Come?
Sembra il lavoro di un architetto: le linee, i piani, i chiaroscuri, Antonioni faceva quello che nessun altro immaginava ancora. Non solo: il film racconta in anticipo che Milano e il suo hinterland, Brianza inclusa, sarebbero stati il luogo chiave dell’Italia da lì a poco. L’aveva già capito.
Massimiliano Rossin