Monza – Se il commercio al minuto è certamente insoddisfatto per l’aumento di un punto percentuale dell’Iva introdotto nella Manovra del Governo, anche in casa artigiana la categoria degli acconciatori ed estetisti ha buoni motivi per essere contrariata.
“Premesso che i nostri rappresentanti al tavolo delle Parti Sociali con il Governo del 4 agosto avevano decisamente avversato questo intervento sull’Iva ricevendo rassicurazioni poi smentite dai fatti – precisa Franco Scarpanti, dirigente degli Acconciatori dell’Unione – questo ritocco è di fatto un aumento della tassazione diretta poiché, com’è noto, le ricevute rilasciate al cliente riportano il costo d’opera già comprensivo d’Iva che corrisponde al prezzo esposto a differenza di quasi tutte le altre prestazioni professionali dove l’Iva è riportata e se aumenta va a carico del fruitore del bene o del servizio. Il punto percentuale in più va quindi a carico totale dell’acconciatore che certo non se la sente di “recuperare”, ritoccando il suo listino di qualche decina di centesimi per ogni prestazione. Ma quei centesimi vanno moltiplicati per le ricevute giornaliere e, facendo due conti, alla fine dell’anno si arriva a cifre di diverse centinaia di euro.”
In effetti, facendo i famosi due conti e stando stretti, per un acconciatore che opera anche solo con una media di una trentina di euro a prestazione (ma nell’acconciatura femminile e nell’estetica la media sale…) quei centesimi di aumento, considerando una decina di servizi al giorno, si trasformano in quasi cento euro al mese a totale carico del suo bilancio d’impresa.
“E’ chiaro che per noi si tratta dell’ennesima nefasta conseguenza di non poter scorporare l’Iva nelle nostre ricevute – conclude Scarpanti -. Più di una volta abbiamo richiesto di essere parificati ad altri professionisti e lavoratori autonomi che dispongono di questa facoltà, ma le nostre richieste sono rimaste lettera morta. Questo nuovo carico d’imposta ci solleciterà a riprendere immediatamente e con maggior vigore questa battaglia” .