Paderno – Gli occhi azzurri penetranti, che ogni tanto, alle domande che tante volte Antonella Riunno si è sentita porre in questi due anni e mezzo, si alzano al cielo con un sorriso appena abbozzato. Proprio ad esprimere, silenziosamente: «Non ho veramente più parole da pronunciare». Lei, che in quel maledetto 4 novembre 2010 ha dovuto dire addio al compagno e padre della sua bambina Irma, Salvatore Catalano. Lei, che quel compagno lo chiama ”marito”, anche se per lo Stato, all’anagrafe, non sarebbero mai stati marito e moglie. Si sarebbero dovuti sposare ad una manciata di giorni dalla tragedia: il matrimonio è rimasto un sogno, ora sempre di più un vuoto che pesa giorno dopo giorno, perché il ”suo” Salvatore non ha mai ripreso conoscenza, non ha mai potuto pronunciare «Sì lo voglio». Lei, che si è dovuta trasformare in una madre coraggio per costruire il dopo.
Lei, che una casa l’ha persa, perché la sua abitazione, in qualità di custode, era in via Mazzini 101, dove ha sede l’Eureco. «Cosa posso pensare? – è la prima reazione, a conclusione dell’udienza, mentre qualcuno le chiede a che ora è la sessione, e lei deve spiegare che, per quella giornata, è tutto finito- oggi pensavamo di arrivare ad una svolta e invece siamo qui, tutto rinviato al 25 marzo e il rito abbreviato. Ormai non c’è più niente da aspettarsi, siamo sempre più abbandonati. Ho mandato duecento curriculum, ma non ho trovato neanche uno straccio di proposta. E’ dura».
Ora un anticipo provvisionale dall’assicurazione è arrivato, ma fino a pochi giorni fa c’era la Caritas. «Sapete cosa vuol dire rivolgersi alla Caritas?- spiega da persona che se l’è sempre cavata- vuol dire perdere un pezzo della propria dignità. Se non ci fossero stati il comitato e le associazioni che ci hanno sostenuto, non so dove sarei».
Ma a pesare di più è la mancanza, il senso di vuoto che non scompare. «Ogni giorno guardo mia figlia negli occhi e non so più che risposte darle. Perché suo papà non c’è più?». Uno sguardo che non hai mai più incrociato è invece quello di Giovanni Merlino: l’ex titolare dell’Eureco non si è mai presentato in aula. «Se lo incontrassi di nuovo lo guarderei dritto negli occhi, io a testa alta: devo ringraziare lui se il papà della mia piccola non c’è più. Non so però cosa potrei dirgli». E sempre di più pesa l’assenza delle istituzioni. «Nessuno ci ha chiamato per sapere come stiamo o per farci gli auguri di Natale: due anni sono tanti e forse il ricordo svanisce piano piano, così come le promesse fatte all’ospedale».
Ileana Brioschi