Ora che è entrato nel mondo dello sport, si può dire che sia sbarcato ufficialmente anche in Italia. E che, anche in Italia, l’Harlem shake si candida ad avere lo stesso successo del Gangnam style di Psy. Cliccato – è sempre bene ricordarlo – più di un miliardo e quattrocentomila volte su Youtube dal luglio 2012 (all’11 marzo). Se dovesse capitare di trovarsi in mezzo a gente mascherata che si muove in modo disconnesso al ritmo di una musica dance venata di sintetizzatori al grido di “con los terroristas”, è probabile di essere in uno dei minivideo che poi invaderà la rete. Trenta secondi senza senso. Ma tra non senso e rivoluzione.
Lo ha già fatto l’Angelico Biella nella pallacanestro (guarda), lo ha fatto la Juventus in sala stampa (guarda). Lo hanno fatto anche i ragazzi dell’Under 19 dell’As Lesmo (guarda); lo stanno facendo centinaia di ragazzi nelle scuole e non solo, Monza compresa: in classe all’Ipsia (guarda), in mezzo alla strada (guarda), al Centro giovani (guarda). E c’è già anche la parodia in levare, sempre a Monza, a ritmo reggae prima di scatenare la dance (guarda). Un filo che lega i militari norvegesi ai ragazzi sulla scala mobile nella nuova metropolitana di Brescia, all’Nba, ai Simpson (con l’Homer shake).
La prima domanda, quella più spontanea, è: perché? Neppure l’autore sa rispondere. Il newyorkese Baauer, racconta la rete, nel 2012 ha creato il motivetto assemblando un file audio di qui, un grido di là, un ruggito a legare il tutto. Internet poi ha fatto il resto e in meno di un mese, dall’inizio del 2013, il fenomeno è diventato virale. Grazie al primo video pubblicato da un gruppo di studenti australiani, imitato in tutto il mondo. Trenta secondi senza un senso, senza una storia, senza una canzone. Persone mascherate che si agitano – si shakerano – nella stessa inquadratura (e fonte continua di diritti d’autore per chi ci ha pensato per primo, ma questa è un’altra storia). La versione 2.0 del ballo inventato negli anni ’80 sui playground di Harlem.
Se si volesse trovare un senso a questa storia, questa storia un senso ce l’ha. Almeno in Nord Africa. Perché al Cairo quattro ragazzi universitari sono stati arrestati per avere pubblicato su internet una versione dell’Harlem shake girata per strada e giudicata scandalosa. E allora i video egiziani si sono moltiplicati (anche con piramidi e cammelli), mentre i social network hanno fatto da cassa di risonanza alla manifestazione organizzata contro la censura davanti alla sede dei Fratelli Musulmani, vincitori delle elezioni presidenziali dopo la Primavera araba. In Tunisia invece si è mosso il ministro dell’Istruzione, invocando provvedimenti disciplinari contro i protagonisti di un video girato in un liceo. Sono seguiti nuovi video, alcuni scontri (in un’occasione sedati con i lacrimogeni all’interno di una scuola), nuove manifestazioni. Sostenute da un gruppo facebook per l’Harlem shake davanti al ministero. Una risposta goliardica alla censura, una protesta, un Harlem shake pacifico per provare a sostenere una rivoluzione culturale.
Chiara Pederzoli