Monza – La folla unica e indistinta che corre, la tensione, i volti di pietra degli agenti di polizia. Dal fondo qualcuno lancia un oggetto poi un istante di silenzio e di nuovo il caos. L’inseguimento lungo i vicoli, la fuga e il cadavere di un giovane a terra. Comincia così “Altri destini. Una storia degli anni Settanta” (edizioni Paginauno, 256 pagine, 14 euro). Inizia con la concitazione e la tensione di una telecronaca la storia di Max Zeri, giornalista indipendente, marito e padre, che si trova suo malgrado catapultato dentro un gorgo giudiziario che lo porterà a scontare da innocente quattro anni di carcere. Lo sfondo è lo scenario torbido e irrisolto degli anni di piombo, la penna che ci racconta questa storia familiare è quella del monzese Walter Pozzi, 49 anni, da un decennio insegnante di scrittura creativa narrativa, tra i fondatori della rivista prima e della casa editrice poi, Paginauno.
I vicoli, solo leggermente intuiti, sono quelli di una Monza di fine anni Settanta, teatro della tragica contestazione da cui parte poi tutta la vicenda. «Non è un saggio storico ma un libro sulla memoria, il tentativo di dare un nome ai caduti della storia», spiega l’autore. Una storia, quella narrata, che corre lungo il filo del tempo, tra il passato di Max e la sua vicenda giudiziaria, e il presente del figlio Roman, scrittore di professione, che più di trent’anni dopo, grazie al ritrovamento di un maglione insanguinato raccolto dal padre sulla piazza quel giorno e conservato per più di tre decenni, cercherà di riportare un po’ di luce su quella vicenda che così ferocemente ha segnato la sua famiglia. Un romanzo «che getta le basi della letteratura della tensione – racconta Pozzi, già autore di altri due romanzi: “Il corpo e l’abbandono” e “L’infedeltà” – intesa in contrapposizione alla perenne strategia della tensione attuata da ogni forma di potere ai fini della propria conservazione e perpetuazione ». A fare da quinta scenica alla trama è il processo del 7 aprile 1979, che portò in carcere su richiesta del sostituto procuratore di Padova Pietro Calogero, alcuni dei leader di Autonomia operaia tra cui Toni Negri, Emilio Vesce e Oreste Scalzone. L’accusa gravissima era di attacco e insurrezione armata contro i poteri dello Stato.
Un complicato piano accusatorio che passò alla storia con il nome di “teorema Calogero”, tesi però che non fu mai dimostrata. Quasi tutte le accuse mosse agli arrestati, tra cui anche quella di aver preso parte al rapimento Moro, caddero qualche anno più tardi. «Si cercò di far passere l’idea, per certi versi ancora attuale, che la lotta di classe dovesse sempre degenerare nella lotta armata, legando quindi le scelte e le motivazioni di chi sparava a quelle di chi pensava», aggiunge Pozzi. Ma più di tutto “Altri destini” è una storia di sentimenti e di amicizia, e «la parte più bella è certamente quella legata al rapporto tra i personaggi, tutto il resto è solo sfondo ».
Sarah Valtolina