Disastro diossina a SevesoL’Icmesa deve risarcire la paura

35 anni fa l’incidente all’IcmesaUn giorno che cambiò la storia

Seveso – La preoccupazione per la propria salute provocata da un disastro ambientale come una nube tossica deve essere risarcita. Perciò agli 86 abitanti di Seveso che avevano chiesto un indennizzo alla Icmesa, l’azienda di Meda dalla quale si sprigionò una nube di diossina il 10 luglio 1976, spettano 5mila euro a testa.

Il risarcimento
– Un risarcimento che compensa soltanto in minima parte, precisa la Cassazione, la paura per la propria salute e i timori che hanno accompagnato la vita delle 86 persone negli ultimi 33 anni. La Cassazione, confermando la sentenza del 2005 della Corte d’appello di Milano, ha condannato l’azienda ormai smantellata a pagare in totale circa 450mila euro. Un risarcimento, precisano i magistrati, del danno morale, cioè del «danno non patrimoniale». Ma la sentenza 11059 della terza sezione civile della Corte dimostra anche che, di fatto, il danno esistenziale dopo la decisione del dicembre scorso della stessa terza sezione, non è stato abolito ma ha soltanto cambiato nome.

Le motivazioni
– Nelle motivazioni della sentenza sul disastro di Seveso la Cassazione parla di «patema d’animo» e precisa, inoltre, che non è necessario provarlo concretamente. Può essere presunto in conseguenze dei fatti storicamente accaduti. «Il patema d’animo indotto in ognuno dalla preoccupazione per il proprio stato di salute – scrive la Corte – ben può essere provato per presunzione, essendo sufficiente la rilevante probabilità del suo determinarsiª. In sostanza è stato respinto il ricorso dell’Icmesa (azienda smantellata alla fine degli anni 70 durante la bonifica del territorio inquinato compreso tra i comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio) secondo il quale non c’era alcuna prova di un danno ´alla vita sociale e di relazioneª (questa era la definizione esatta, per l’appunto, del danno esistenziale).

La Corte – Secondo la Corte invece il danno c’è stato. «La sentenza – scrive la Cassazione riferendosi alla pronuncia dei giudici di secondo grado – è del tutto conforme a diritto». E aggiunge anche che i 5.000 euro liquidati non soltanto spettano ad ognuno degli 86 ricorrenti ma anzi, per quanto riguarda la determinazione della somma, rappresentano una valutazione prudenziale, se non addirittura minima del danno morale.
Apcom