Desio – Giudizio immediato per il siciliano Antonio Giarrana, Antonino Radaelli e Raffaele Petrullo, i tre uomini accusato dell’omicidio di Franca Lo Jacono, la sessantunenne ammazzata nel box di casa in via dei Mariani lo scorso giugno. Il tribunale ha già fissato una data per l’eventuale processo in Corte d’Assise il prossimo 25 febbraio.
Data eventuale, appunto, perché gli imputati hanno ora la facoltà di chiedere, tramite i loro avvocati difensori, di essere giudicati col rito abbreviato. La richiesta di immediato, era stata formulata dal pm Manuela Massenz, della procura di Monza. Resta ancora un giallo, invece, l’omicidio di Paolo Vivacqua, l’imprenditore siciliano (compaesano di Giarrana), freddato nel suo ufficio i via Bramante a novembre dello scorso anno, che era consuocero della povera Lo Jacono. La figlia della donna ha sposato infatti Antonio Vivacqua, all’epoca del fatto in carcere per una vicenda di false fatture. Pur dopo oltre un anno di indagini serrate, le indagini sull’omicidio Vivacqua non sembrano aver preso una direzione precisa.
Dunque nemmeno un presunto colpevole, contrariamente al caso della Lo Jacono. Secondo gli esiti delle indagini condotte dai carabinieri del Gruppo di Monza, comandati dal colonnello Giuseppe Spina, al ventinovenne Giarrana, di Desio, sarebbe arrivata una soffiata da Ravanusa, paese d’origine suo e di Vivacqua, in base alla quale la donna conservava il «tesoretto» dell’imprenditore ucciso. Una borsa piena zeppa di soldi contanti, che Vivacqua avrebbe guadagnato in uno dei suoi molti affari, secondo alcuni addirittura il denaro che avrebbe realizzato con la vendita dell’area Bricoman di Carate, vicenda attorno alla quale la procura di Monza ha scoperchiato un vorticoso giro di presunte tangenti che ha gettato una luce sinistra su affari e politica nel comune di Carate Brianza.
Ricevuta quest’informazione, Giarrana avrebbe così convinto i due amici, Petrullo, 33 anni, e Radaelli, 51, a partecipare all’agguato. Nel box della donna, che era appena rincasata, tutto era andato storto. Il bottino non c’è. Una pistola che si inceppa, l’aggressione mortale con una coltellata alla gola. Poi le tracce, evidenti, a partire dal sangue di Radaelli feritosi ad una mano, lasciate sulla strada della fuga, che in breve tempo hanno condotto i militari sulle tracce dei tre.
Le analisi effettuate dal Ris dei carabinieri sul luogo del delitto, disposte dalla procura e depositate agli atti, avrebbero infine confermato la presenza degli imputati sul posto. Accertamento dopo il quale, il pm Massenz ha chiesto il giudizio immediato.
Federico Berni