Monza – Un anno fa, la sera di venerdì 13 gennaio 2012, la tragedia della Costa Concordia affondata all’Isola del Giglio. Un naufragio che costò la vita a 32 persone – 2 ancora disperse – e il ferimento di centodieci. Tra gli oltre quattromila passeggeri anche alcuni brianzoli.
Come i nove turisti di Cogliate e due di Misinto, Claudia Caimi, Alessio Robbiani, Sara Bassani, Paola Castelnovo, Cinzia Castelnovo, Giuditta Caimi, Venerio Caimi, Patrizia Banfi, Maurilio Campara e Fiorenza Castelnovo tutti tornati a casa sani e salvi. Al momento dell’impatto con lo scoglio, si trovavano tutti a cena in compagnia. A bordo si è scatenato il panico, nonostante l’equipaggio ed il comandante provassero a gestire l’emergenza. Il gruppo ha cercato di raggiungere le scialuppe di salvataggio il più velocemente possibile, chi con il salvagente, chi senza, chi aggrappandosi alla forza degli amici che gli stavano accanto.
C’era anche il diciottenne Alessio Robbiani, studente dell’istituto Primo Levi di Seregno. Era partito giorni prima per la crociera sul Mediterraneo occidentale, tappe del viaggio Civitavecchia, Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma de Maiorca, Cagliari e Palermo, in compagnia di amici e parenti, tra cui anche la cuginetta Sara Bassani di un anno più giovane di lui e l’amica Claudia Caimi, di 16 anni. «La crociera era un sogno, un viaggio che aspettavamo da tempo» aveva raccontato appena rientrato a casa dopo i drammatici fatti. «Anche se io, Sara e Claudia eravamo i più giovani della comitiva, eravamo entusiasti di partire per quella che vedevamo come un’avventura in un ambiente da film come quello della Concordia», certo non come l’avventura che poi si sono trovati, loro malgrado, a vivere. «Ci trovavamo a cena insieme quando improvvisamente abbiamo sentito un forte scossone, un urto. Il ponte ha cominciato ad inclinarsi, il comandante ha provato a rassicurarci parlando di un guasto ad un generatore, ma pochi istanti dopo è saltata la corrente. In quel momento ho percepito la paura di tutti, ci trovavamo in una situazione critica. Ma siamo rimasti uniti e ci siamo diretti verso le scialuppe di salvataggio, cercando di seguire le indicazioni dell’equipaggio». L’evacuazione, però, non era stata certo perfetta. «Siamo saliti a bordo della lancia, ma dopo un metro di discesa verso il mare il meccanismo si è bloccato facendoci sobbalzare. Tra l’altro era l’ultima scialuppa in partenza e questo non ha aiutato a rimanere tranquilli. Fortunatamente si è sbloccato e siamo riusciti a raggiungere la banchina». Appena arrivati sull’isola del Giglio Alessio ha capito che era tutto finito.
«All’inizio era solo un’avaria e poi abbiamo sentito la sirena che dovevamo abbandonare la nave». Queste le parole di Roberto Feruglio di Camparada e Francesca Corno di Omate. I due ragazzi di 29 e 27 erano anche loro sulla Costa Concordia. «Alle 21.40 eravamo a cena quando abbiamo sentito una virata improvvisa – hanno raccontato i due giovani – ma eravamo abbastanza tranquilli perché per più di un’ora dagli altoparlanti della nave parlavano di una avaria ai motori e il blackout sarà durato in tutto 15 secondi». All’inizio i due ragazzi erano abbastanza tranquilli e solo quando un cameriere li ha invitati a indossare i giubbotti di salvataggio, si sono spaventati. «Per un’ora sembrava tutto tranquillo poi una volta che siamo saliti sul ponte 4 abbiamo viste tantissime persone che si accalcavano vicino ai cancelletti delle scialuppe – hanno proseguito i due fidanzati – una volta saliti sulla scialuppa dal momento che eravamo abbastanza in alto (dalla parte opposta dove la barca stava sprofondando) abbiamo rischiato che la stessa barchetta che urtava la fiancata della nave si ribaltasse ruotando di circa 90 gradi». Roberto e Francesca sono stati portati in salvo insieme a tante altre persone da un cuoco di nazionalità straniera. «I soccorsi sono stati efficienti – hanno detto i due giovani -. Quello che però è strano è stata la totale assenza di ufficiali sul ponte oltre ovviamente all’errore del comandante». Roberto e Francesca una volta arrivati sull’Isola del Giglio verso le 23.30 sono rimasti al porto fino alle 5 del mattino e sono stati trasferiti poi a Porto Santo Stefano e successivamente a Savona dove si erano imbarcati.
C’erano poi tre sevesini. Don Massimo Donghi, che di Baruccana di Seveso è originario ma che è vicario della comunità pastorale di Besana e referente della pastorale giovanile di Besana e Triuggio. Con lui mamma Imelda e l’amica di famiglia Celestina Bizzozero, tutte con casa a Seveso. Come scriveva infatti Elisabetta Donghi a commento di uno dei primi articoli apparsi on line a poche ore dalla tragedia: «Cavolo: mia nonna e mia zio don Massimo sono su questa nave! Meno male che sono finiti nella prima tranche di scialuppe. Grazie a Dio stanno bene». Alle 21.30, mentre erano a cena sulla nave, i brianzoli hanno telefonato a casa per un saluto. Venti minuti dopo, la seconda telefonata, questa volta per avvisare i parenti che a bordo era successo qualcosa di grave ma che non sapevano ancora di cosa si trattasse. Sapevano solo di dover andare a prendere i giubbini di salvataggio. Fine delle comunicazioni. Una volta in salvo, poi, hanno raccontato a pochi intimi di essere stati radunati davanti alle scialuppe e di essere stati tra i primi a scendere dalla nave. Sani e salvi, anche se spaventati e scossi. Sono stati ospitati prima nella chiesa dell’Isola del Giglio, poi a Porto Santo Stefano.