Desio – Possono tirare un primo, piccolo, respiro di sollievo i 65 operai delle Officine Beretta di via Oslavia, per cui è stata annunciata la messa in mobilità. Dopo diversi incontri tra proprietà e rappresentanti sindacali, giovedì le parti hanno ipotizzato un’alternativa al licenziamento: l’avvio dei contratti di solidarietà. Non solo per i 65 per cui si prospetta la mobilità, ma per tutti e 110 i dipendenti.
In pratica, si tratta di contratti che prevedono la riduzione degli orari di lavoro, per tutti, per un periodo di due anni, con relativa riduzione della retribuzione. L’ipotesi, discussa dai lavoratori in assemblea, è stata portata sul tavolo della trattativa dai sindacati (confederali e di base). La proprietà non ha chiuso le porte alla proposta.
“L’azienda si rende disponibile a discutere” spiega Pietro Costantino delegato Fiom Cgil di Monza e Brianza. Il confronto deve ancora partire ed è stato rinviato a dopo la pausa estiva. Ma per i sindacati la disponibilità dimostrata dall’azienda è già un primo successo. “Per noi è importante che la società abbia dimostrato apertura”. Se l’ipotesi dovesse realizzarsi, la Beretta sarebbe una delle prime aziende in Brianza ad applicare questo tipo di contratto.
“L’iniziativa segnerebbe un importante precedente e potrebbe fare da esempio per tante altre realtà in crisi” spiega Costantino. Il percorso comunque è ancora lungo: dopo le ferie, le parti si incontreranno di nuovo e studieranno uno schema di accordo su tempi e modalità dell’applicazione del contratto. Lo schema sarà poi sottoposto ai lavoratori, attraverso un referendum.
“Sarà importante avere l’approvazione della maggior parte dei dipendenti” dice il sindacalista. Poi si tornerà intorno ad un tavolo, per stringere ufficialmente l’accordo. In questo modo, tutti i dipendenti, non solo i 65 individuati per la mobilità, si accollerebbero il peso della crisi che ha colpito la storica azienda metalmeccanica, che ha già avviato la cassa integrazione e che da un paio di anni si trova in concordato preventivo. “Per chi è vicino alla pensione si potrebbero pensare dei modi per favorire l’uscita” aggiungono i sindacati.
Sullo sfondo resta però il rischio del fallimento. “I contratti di solidarietà non sono una soluzione definitiva, ma un modo per prendere del tempo, per studiare un intervento industriale per salvare l’azienda. Occorre, a lungo termine, trovare un nuovo socio. Il rischio del fallimento è sempre in agguato. Bisogna evitarlo: per questo è necessario un piano industriale” spiegano i rappresentanti dei lavoratori. In settimana le parti si sono ritrovate, oltre che in azienda, anche in comune, col sindaco Roberto Corti che sta facendo da mediatore.
P.F.