Monza – Le province di Monza e Milano quinte nella classifica dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Lo rivela una ricerca condotta da Transcrime, il Centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dell’Università degli Studi di Trento, diretto da Ernesto Savona, docente di Criminologia alla Cattolica. Complessivamente sono, sulla base di questo studio, 835 i beni oggetto di confisca tra il 1983 e il 2010; a poca distanza dagli 853 di Catania. Davanti, sul podio, solo la provincia di Palermo (prima a quota 3.966), Reggio Calabria e Napoli. Alla faccia di chi ancora pensa che la mafia non sia un problema del Nord. Basti pensare che tra le prime 30 province, ben quattro sono lombarde, oltre naturalmente a Milano, c’è ancora Monza, seguite da Brescia, Lecco e Como.
Se poi si considera il solo numero delle aziende confiscate alle organizzazioni criminali, le province di Milano e Monza, considerate ancora assieme, salgono al terzo posto (120), un’altra volta dopo il capoluogo siciliano e Napoli (121). Tra le aziende tolte alle cosche, a farla da padrone sono le attività commerciali, sia all’ingrosso che al dettaglio; poi le imprese di costruzioni, oltre ad alberghi e ristoranti. Considerando, quindi, i beni nella loro totalità, oltre il 50% di questi, in tutta la regione Lombardia, sono costituiti da abitazioni e immobili. Non mancano ovviamente le automobili e i conti bancari.
In Brianza e nel resto della regione, la ‘ndrangheta (l’organizzazione dominante in Lombardia, che è la regione del Nord a più alta concentrazione mafiosa) hai suoi manager, come ha detto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, e grandi interessi economici in settori che forniscono posti di lavoro: commercio al dettaglio, costruzioni, amministrazione pubblica, stando all’analisi di Transcrime. La diffusione capillare sul territorio, inoltre, è garantita «dalle stazioni di servizio e da appalti concentrati su opere pubbliche, costruzioni, smaltimento dei rifiuti». Sempre secondo Transcrime, gli interessi delle ‘ndrine guardano anche «a quei settori che ricevono molti finanziamenti pubblici, come ad esempio quello delle energie rinnovabili».
La presenza della ‘ndrangheta in Brianza è venuta alla luce soprattutto a partire da questa estate, con i 170 arresti dell’operazione “Infinito”. Alle esecuzioni delle ordinanze, era seguita un’ondata di sequestri, consistenti soprattutto in beni immobili: case e appartamenti degli indagati. Tra Natale e Capodanno, per esempio, venne disposto un maxisequestro nei confronti di 36 indagati di associazione mafiosa. I decreti però vennero annullati per un vizio di forma. Sbagliato pensare che la ‘ndrangheta a Monza e provincia sia solo affari, movimento terra, alberghi e ristoranti. In Brianza si sono trovate armi, si sono pianificati e commessi omicidi e vendette, in particolare tra Giussano e Seregno. Lo dimostra l’ultima ondata di ordinanze di custodia cautelare emesse dall’autorità giudiziaria milanese a carico di 19 persone, per quattro fatti di sangue.
Un provvedimento che somiglia alla sceneggiatura di un film, tra ritorsioni, codici d’onore, assassini a sangue freddo. Tra questi anche l’esecuzione di Rocco Cristello, crivellato di colpi d’arma da fuoco sotto la sua abitazione di Verano Brianza a marzo di tre anni fa. Conclusioni che è sono state possibili grazie alle dichiarazioni di Antonino Belnome, ex pezzo grosso della mala a Giussano, che ha deciso di collaborare con i magistrati. Una decisione spiegata agli inquirenti con poche parole: «Nella ‘ndrangheta non c’è futuro».
Federico Berni
Beni confiscati per mafiaMonza quinta provincia in Italia
Le province di Monza e Milano quinte nella classifica dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Lo rivela una ricerca condotta da Transcrime, il Centro di ricerca sulla criminalità transnazionale dell'Università Cattolica di Milano.