Antonio Oleari, nel cuore StratosOvvero gioia e rivoluzione

Antonio Oleari, nel cuore StratosOvvero gioia e rivoluzione

Meda  Antonio Oleari: uno spaccato degli anni ’70 nel corpo di un 24enne. E’ medese l’ultimo scrittore di musica alternativa, quella che non verrà mai più composta perché può essere solo suonata e perché, nella sua immensa originalità e importanza culturale, ha fatto la storia e continuerà, nonostante l’anacronismo, a farla.
Residente in città, lo studente di lettere moderne lavora nel campo della musica e si occupa, in particolare, di radio. Conduce “Prog Generator” su Radio Cantù e “Spectrum Generator” su la web radio Linearock. Il primo va in onda sulla frequenza 89.600 ogni martedì dalle 23 a mezzanotte, nell’intento di parlare di musica alternativa e di dare spazio ai gruppi emergenti. Per quanto riguarda, invece, il secondo- editore Radio Lombardia- che va in onda ogni mercoledì e venerdì alle 16, questo tratta una scaletta storica che propone suoni progressivi, più storici che attuali. Al suo secondo successo letterario, Antonio Oleari si è già fatto conoscere per aver scritto “Un viaggio lungo 40 anni. Senza orario e senza bandiera”, rifacendosi ad una nota canzone dei New Trolls.
L’ultima sua fatica, pubblicata sempre dalla casa editrice “Aereostella”, porta un titolo evocativo e dal retrogusto importante: “Demetrio Stratos, gioia e rivoluzione di una voce”.

Come mai un ragazzo di 24 anni si interessa alla musica di Demetrio Stratos?
E’ un po’ la domanda chiave di tutta la mia esperienza musicale. Credo che la musica abbia un’immediatezza molto forte, che non ha assolutamente periodo. Personalmente, penso di aver iniziato ad ascoltare questo tipo di musica per crearmi, forse un angolo di specialità. D’altronde, è una musica piena di contenuti che porta riferimenti continui alla vita. Dopo questo primo periodo di pura passione e di puro interesse, questa musica per me è diventata anche un lavoro…

“Demetrio Stratos, gioia e rivoluzione di una voce”. Perché hai scelto questo titolo?
Anzitutto, perché è il titolo di una canzone di Demetrio. E in secondo luogo, perché ben racchiude in sé i due grandi aspetti di questa splendida voce. Lui è riuscito a passare dagli anni ’60 al decennio successivo con grande capacità, nonostante siano due mondi praticamente opposti. E’ stato il leader di un gruppo simbolo di una controcultura musicale assolutamente unica. Ha portato nelle strade un modo nuovo di intendere la musica: partire da questa passione per arrivare a rivoluzionare la società. Al riscatto musicale, secondo lui, poteva seguire anche quello sociale.

Secondo te, chi potrebbe essere paragonabile oggigiorno a Demetrio Stratos?
Il fatto che non mi venga in mente subito un nome, significa che forse non c’è nessuno da paragonare. Forse oggigiorno si fa musica in maniera troppo diversa da come usava fare lui: oggi è necessario specializzarsi in una specifica area per fare successo. Lui, invece, era un vulcano. Si occupava del genere beat, del genere rock, di sperimentazioni vocali e di teatro e aveva un approccio scientifico a quello che faceva.

La prefazione del tuo libro è niente meno che di Gabriele Salvatores…
E’ vero. Avevo sentito che lui voleva fare un film sugli anni ’70 e che avrebbe voluto chiamarlo “Stratos”. Così, sono andato alla sua ricerca e devo dire che è una persona davvero molto disponibile. Nella sua prefazione riesce a descrivere Demetrio in due parole, mentre a me sono servite 200 pagine. Erano legati da una profonda amicizia e la sua forte capacità di sintesi nel parlare di lui lo dimostra a pieno.

Ti accorgi che lo chiami per nome?
Sì, è vero. Credo sia dovuto al fatto che mi sembra di portarmelo sempre dietro. Paradossalmente, io lo chiamo per cognome, perché lui in verità si chiamerebbe Estratios Dimitriu. Mi sono accorto che Estratos era il cognome perché sua moglie stessa lo chiamava “Stratos”…

Su chi vorresti scrivere il tuo prossimo libro?
Beh, Franco Battiato forse è scontato. Un nome meno usuale potrebbe essere Claudio Rocchi, un artista, un cantautore molto legato alle filosofie orientali che mi affascina molto.
Elena Sandrè