“Urgente” è l’aggettivo che, con sempre maggiore frequenza, viene utilizzato nelle comunicazioni mediate da strumenti informatici. Fateci caso: non riceviamo forse ogni giorno e-mail che, all’oggetto, riportano proprio questa parola, impiegata spesso a prescindere dalla reale urgenza della missiva?
L’era della transizione digitale ha accelerato potentemente la velocità della comunicazione tra esseri umani. La possibilità di inviare sempre più celermente messaggi agli altri sembra però aver generato l’errata convinzione che le loro risposte debbano necessariamente pervenire con altrettanta rapidità. Quando scriviamo a una persona tramite un qualsiasi software per la messaggistica, spesso non attendiamo neppure la consegna del testo al destinatario per alzare la cornetta e chiedere: “Hai ricevuto?”. L’individualismo radicale che caratterizza le nostre società ci ha reso incapaci di comprendere come, all’altro capo del “filo”, possa trovarsi un essere umano con i suoi problemi, le sue priorità, la sua vita.
Così, se qualcuno non ci fornisce una risposta all’istante, subito proviamo uno stato di ansia e la sollecitiamo, quando la sollecitazione non è addirittura preventiva e motivata da un’impellenza irreale. Forse servirebbe un “galateo digitale”. Ma, in questo mondo ansiogeno, c’è ancora spazio per l’educazione? Chissà…