Paderno – Limbiate Verità e giustizia. A chiederlo, con la commozione di chi rivive ogni giorno la tragedia dello scoppio dell’Eureco, è la voce corale di Antonella Riunno con la piccola Irma, Erjon Nezha, Shuli Lulzim, Ferit Meshi, al fianco degli altri familiari e lavoratori che hanno perso colleghi e parenti nell’inferno della ditta di Paderno Dugnano.
Sono trascorsi poco meno di sei mesi dal rogo del 4 novembre, che si è portato via, ad uno ad uno per le conseguenze delle ustioni, Sergio Scapolan, Harun Zeqiri, Salvatore Catalano e Leonard Shehu. Il ricordo di quei momenti è un segno indelebile. «Ho una figlia di 7 mesi- è la testimonianza di Erjon Nezha, limbiatese di origine albanese, durante la fiaccolata che giovedì ha attraversato le vie di Paderno per ricordare le vittime sul lavoro, legando a doppio filo gli operai dell’Eureco ai lavoratori esposti all’amianto- quando è avvenuto l’incidente la mia piccola aveva solo 40 giorni. Il 40 percento del mio corpo è andato bruciato in quel terribile e maledetto pomeriggio: la faccia, la schiena, le gambe. Ho vissuto dei momenti angoscianti, in pochi secondi un’esplosione enorme ha coinvolto i miei colleghi, i miei amici. Sono sopravvissuto, ma ho trascorso un mese da incubo in ospedale, con mia moglie che veniva tutti i giorni a piedi da Limbiate a Niguarda».
Ora, per chi è scampato, rimane il dramma nel dramma, affrontare la sopravvivenza nella quotidianità e di arrivare alla fine del mese con le esigenze primarie della famiglia da sostenere . «Oggi non abbiamo un lavoro- ha proseguito Erjon Nezha – non abbiamo più soldi per pagare l’affitto, non riusciamo più a vivere una vita dignitosa, non possiamo più permetterci nulla». Una mano tesa è arrivata però proprio dall’amministrazione limbiatese, che ha concesso all’operaio, una casa comunale in viale dei Mille per due anni a canone agevolato, così come confermato anche dall’assessore ai Servizi sociali Tiziano Volpe.
«Vorrei ringraziare l’amministrazione limbiatese- ha proseguito- perché mi è venuto incontro dandomi una casa e ha sostenuto l’affitto di 3 mesi dell’abitazione in cui ancora oggi vivo». «Ciò che ancora ci ferisce e lascia l’amaro in bocca- è stato l’appello conclusivo di Erjon Nezha- è di dover aspettare per chissà quanto tempo che giustizia verrà fatta. Ma noi speriamo e preghiamo che giustizia verrà fatta. Ma soprattutto speriamo che questa nostra tragedia non sia stata inutile, che possa insegnare a tutti la sicurezza e la salute sul posto di lavoro sono un diritto di tutti i lavoratori. Non dimenticatevi di noi e del caso Eureco».
Ileana Brioschi