L’editoriale del direttore: servono tecnici, sì. Ma senza perdere lo spirito critico

Formazione e lavoro: siamo sicuri di poter fare a meno di quello spirito critico tipico di una buona cultura umanistica?
Il direttore del Cittadino Cristiano Puglisi
Il direttore del Cittadino Cristiano Puglisi

Il lavoro che si cerca ma non si trova, ma anche il lavoro offerto che non incontra figure preparate a svolgerlo. Sembra un paradosso, ma è sempre più questa la situazione che si vive in Brianza (e altrove). Il problema, che non riguarda solo i giovanissimi, è tutt’altro che secondario: se ne è discusso anche in occasione della presentazione di Top500+, l’annuale classifica, a cura di Assolombarda e in collaborazione con Pwc, Banco Bpm e Il Cittadino, delle prime 800 aziende brianzole per fatturato, a dimostrazione di quanto questo tema sia profondamente percepito dal ceto imprenditoriale.

C’è chi punta il dito contro l’impostazione “gentiliana” della scuola italiana, chi contro i pregiudizi verso la formazione professionale ma pure chi si scaglia contro la formazione umanistica tout court. Perché, per cavalcare le sfide del futuro, servono tecnici. Non solo ingegneri, ma anche operai specializzati, sistemisti, programmatori. E questo è vero. Ma siamo sicuri che, anche nel mondo aziendale, non possano fare comodo quelle soft skills che l’apertura mentale fornita da un percorso umanistico (di qualità) può ben “allenare”? E, soprattutto, siamo sicuri di poter fare totalmente a meno di quell’abitudine a ragionare con spirito critico, tipica degli “umanisti”, che, soprattutto in un’epoca di preoccupante e acritica omologazione, servirebbe come il pane?