L’editoriale del direttore: sempre più poveri e fragili. Ma il Pil cresce…

Nonostante le varie crisi, negli ultimi 20 anni il Pil italiano ha comunque registrato un tasso di incremento annuale medio dell’1,5%. Eppure...
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

Cade questa settimana la Giornata mondiale dei poveri. Un’occasione in cui, fino a non molti anni fa, l’attenzione era rivolta soprattutto a contesti geografici lontani, al cosiddetto “sud del mondo”. Oggi, invece, lo scenario è cambiato: la povertà è in casa nostra. In base ai più recenti dati forniti dall’Istat, nel 2021 il massimo storico relativo al numero dei poveri assoluti (il 9,4% della popolazione), raggiunto nel 2020, l’anno dei lockdown, ha purtroppo trovato una conferma. In un momento in cui pare di moda parlare di “merito”, però, a destare preoccupazione è anche la cosiddetta “povertà intergenerazionale”, quella che si trasmette di padre in figlio: secondo una recente indagine della Caritas, se si viene al mondo in una situazione di estrema fragilità occorrono cinque generazioni per risalire la china. Chi nasce povero, quindi, è destinato a rimanere tale. Poi c’è chi rischia di impoverirsi: è il caso dei giovani, delle famiglie di almeno quattro persone e di quelle con la figura di riferimento tra i 35 e i 55 anni. Un disastro, insomma.

Eppure, nonostante le varie crisi, negli ultimi 20 anni il Pil italiano ha comunque registrato un tasso di incremento annuale medio dell’1,5%. Dovremmo, perciò e in teoria, stare sempre meglio, anche se di poco. Invece stiamo sempre peggio. Ma i benefici della crescita, allora, a chi vanno? Eh, bella domanda…