L’editoriale del direttore: qual è il limite della pazienza degli italiani?

Affluenze sotto il 50% stanno diventando una costante. Su cui ragionare.
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

Qual è il limite della pazienza degli italiani? È, questo, un quesito che bisogna necessariamente porsi all’indomani di una tornata elettorale che ha registrato affluenze a dir poco ridicole. Così basse da far pensare che il confine ultimo della sopportazione dei cittadini nei confronti della propria classe politica sia già stato superato da un bel pezzo, nonostante nei talk show televisivi si finga di non vederlo e si continui a dibattere, come l’orchestrina sul Titanic, di sondaggi e sondaggini.

E, del resto, con povertà e inflazione galoppanti e partiti che, tradendo le linee programmatiche sottoposte al giudizio degli elettori, dopo il voto finiscono puntualmente a ingrassare le maggioranze di governi tecnici o pseudo tali, con programmi imposti senza un minimo di consenso popolare, non è difficile comprenderne il motivo. Ma allora, se così stanno davvero le cose, fino a quando i sempre più numerosi astenuti intenderanno far buon viso a cattivo gioco, evitando di sottoporsi al rito delle urne ma ingoiando, nel contempo, bocconi sempre più amari senza fare nulla? E cosa accadrà, invece, qualora decidessero di svegliarsi dal torpore?

A chiederselo dovrebbe essere anche e soprattutto chi quei voti dovrebbe cercare di intercettarli. Perché, evidentemente, esiste un divario enorme tra la domanda e l’offerta. E qualcuno, prima o poi, dovrà per forza colmarlo.