Mercoledì i prezzi del petrolio sono scesi ulteriormente a causa delle preoccupazioni degli investitori per l’indebolimento dell’economia mondiale, per il potenziale aumento dei tassi delle banche centrali e per l’inasprimento delle norme in Cina per contrastare la COVID-19.
Dopo aver perso 5,37 dollari il giorno precedente a causa dei timori di recessione, i futures sul petrolio WTI (West Texas Intermediate) degli Stati Uniti sono scesi di 1,34 dollari, o dell’1,46%, a 90,30 dollari al barile alle 0833 GMT.
Dopo la perdita di 5,78 dollari di martedì, il contratto future sul Brent di ottobre, la cui scadenza è prevista per mercoledì, è sceso di 1,79 dollari a 97,52 dollari al barile. A 96,44 dollari al barile, il più volatile contratto di novembre è sceso di 1,40 dollari, o dell’1,43%.
Le fluttuazioni dei prezzi dall’inizio della crisi ucraina, circa 6 mesi fa, hanno allarmato gli hedge fund e gli speculatori, riducendo le contrattazioni e aggravando ulteriormente le oscillazioni del mercato, come si è visto martedì.
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In un momento in cui la seconda economia mondiale sta già sperimentando una crescita lenta, alcune delle più grandi città cinesi, tra cui Shenzhen e Dalian, stanno attuando blocchi e chiusure commerciali per bloccare i breakout della COVID-19.
Alcuni elementi rialzisti hanno dato ai prezzi una base. Nella settimana conclusasi il 26 agosto, secondo i dati dell’API (American Petroleum Institute), le scorte di benzina sono diminuite di circa 3,4 milioni di barili. Al contrario, le scorte di distillati, tra cui diesel e jet fuel, sono diminuite di circa 1,7 milioni di barili.
La diminuzione delle scorte di benzina è stata quasi tre volte superiore al calo di 1,2 milioni di barili previsto in media da otto analisti intervistati da Reuters. Essi avevano previsto un calo di circa 1 milione di barili nelle scorte di distillati.
In contrasto con le previsioni degli analisti di una riduzione di circa 1,5 milioni di barili, i dati API hanno rivelato un aumento delle scorte di greggio di quasi 593.000 barili.
I tagli all’offerta da parte dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) e dei suoi partner, noti collettivamente come OPEC+, sono un altro fattore a sostegno dei prezzi.
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