Facendo la spola tra un talk show televisivo e l’altro, la campagna elettorale sembra essersi trasformata in una curiosa corsa all’attestato di fedeltà: verso la Nato, verso l’Unione Europea, verso l’“agenda Draghi”.
Tutto interessante, per carità. Quello che però il dibattito politico-mediatico non riesce a farci capire, al netto delle pur lodevoli dichiarazioni di intento, è come i protagonisti dell’agone elettorale che si candidano a governare l’Italia intendano affrontare, a brevissimo termine e da un punto di vista pratico, un’altra e ben più pressante problematica: quella dell’esplosione del costo del gas, largamente influenzata dagli effetti della crisi geopolitica in Ucraina e dalla speculazione finanziaria.
Se è bastato l’annuncio, da parte di Mosca, di uno stop di tre giorni delle forniture del gasdotto North Stream per mandare nel panico l’Europa, si può ben comprendere come progetti a medio e lungo termine, quali i rigassificatori, sicuramente necessari per il futuro, non possano essere quell’argine che servirebbe da subito di fronte al rischio concreto di una desertificazione economica del Paese (e quindi, purtroppo, della nostra Brianza), quale frutto delle bollette impazzite del prossimo autunno-inverno, che è ormai alle porte. La spiacevole sensazione, pertanto, è che si stia andando “serenamente” incontro al baratro. Speriamo di sbagliarci.