L’editoriale del direttore: c’era una volta l’identità politica. Oggi invece…

Quei passaggi da un partito all'altro che vengono annunciati come i colpi di calciomercato...
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

C’era una volta l’identità politica. Roba da Prima Repubblica, si intende. Chi “nasceva” democristiano, comunista, socialista, liberale, repubblicano o missino ci moriva anche. Le sedi di partito e le organizzazioni collegate erano un collante importante per giovani e meno giovani che, attraverso quelle scuole (anche di vita) crescevano, imparavano, si elevavano anche culturalmente, stringevano rapporti solidali e di amicizia. All’interno dei movimenti politici di un tempo si formavano delle vere e proprie comunità: non è un caso che, anche a tanti anni dalla loro scomparsa, esponenti di quelle sigle, successivamente transitati sotto altre e più recenti insegne, seguitino a definirsi secondo quella che era la loro appartenenza originaria.

Viene spontaneo guardare con nostalgia a quel passato sicuramente ricco di difetti ma probabilmente migliore del presente in questi primi giorni di campagna elettorale, a fronte di passaggi da un partito all’altro che vengono annunciati come si annunciano i colpi di calciomercato. Strette di mano, dichiarazioni di rito (e di circostanza), sorrisi forzati, foto con la nuova maglia, pardon, il nuovo simbolo. Scene raccapriccianti, per chi vorrebbe continuare a pensare alla politica come a un servizio per il bene comune, più che a un servizio reso a sé stessi. Poi qualcuno si domanda come mai tanta gente non vada più a votare…