Settant’anni fa l’eccidio di Valaperta: la pagina più nera del fascismo in Brianza

Sabato 3 gennaio 1945 quattro partigiani furono fucilati a Valaperta di Casatenovo dai repubblichini, per rappresaglia dopo l’uccisione di una militare della Gnr. Sono passati settant’anni. Un racconto e una canzone.
Settant’anni fa l’eccidio di Valaperta: la pagina più nera del fascismo in Brianza

Sabato 3 gennaio 2015 saranno passati esattamente settant’anni dalla pagina più nera della seconda guerra mondiale in Brianza: quel giorno del 1945 in cui a Valaperta di Casatenovo quattro partigiani vennero fucilati per rappresaglia dopo l’omicidio del repubblichino Gaetano Chiarelli da parte di Nazzaro Vitali, ventiquattrenne di Bellano. Pochi giorni dopo l’omicidio, senza processo, vengono uccisi lo stesso Vitali, il venticinquenne Natale Beretta di Arcore, Gabriele Colombo, 22 anni, sempre di Arcore e Mario Villa, ventitreenne di Biassono.

Alla commemorazione ufficiale nel giorno del settantesimo anniversario dell’esecuzione (sabato 3 gennaio, alle 20.15 messa di suffragio alla chiesa parrocchiale, alle 21 sul luogo dell’eccidio la cerimonia sul luogo della fucilazione) saranno presenti a Valaperta anche i Saltamartin, che hanno riletto “Ohio” di Neil Young come “On Praa”, un prato: la prima parla di quattro giovani americani, uccisi il 4 maggio 1970 dalla guardia nazionale americana mentre manifestavano contro la guerra in Vietnam, la seconda dei quattro brianzolo uccisi dai repubblichini.

«Quando al brigadiere del distaccamento di Missaglia della Guardia nazionale repubblicana, fu richiesto di fornire informazioni su di un renitente alla chiamata alle armi di Valaperta, incaricò un suo milite, Gaetano Chiarelli, di andare al Comune di Casatenovo per avere notizie da trasmettere alla sede superiore» si legge nel volume “Di generazione in generazione – Valaperta e Rimoldo – Origini Storia Cultura Tradizioni” realizzato dalla parrocchia San Carlo di Casatenovo, riportato dal sito dell’Anpi Monza e Brianza, dove i fatti di settant’anni fa sono ricostruiti così:

Il milite incaricato, non avendo ottenuto sufficienti informazioni in Comune, decise di sua iniziativa di recarsi presso la casa del giovane a Valaperta. Quel giorno nella valle della Bergamina di Maresso si era concentrato un gruppo di partigiani, capeggiato da Ferrario di Rogoredo e Farina di Casatenovo: due partigiani che, dopo aver fatto parte delle formazioni della Valsassina, erano scesi al piano. I partigiani si avviarono verso Valaperta dirigendosi all’osteria dove di solito facevano tappa. Giunti alle prime case della frazione, una donna corse loro incontro dicendo che c’erano dei repubblichini. Alcuni partigiani circondarono il gruppo di case e il cortile e si accorsero trattarsi di uno solo, il milite Chiarelli, già noto ad alcuni di loro per il suo zelo fascista: lo affrontarono, intimandogli di alzare le mani e consegnare le armi e la bicicletta e di fronte al suo rifiuto gli spararono addosso, uccidendolo.

Erano circa le 16.30 di un lunedì e le donne stavano facendo il bucato. Gli abitanti di Valaperta che avevano assistito e conosciuto il fatto erano costernati: temevano la rappresaglia. Verso le 20.30 arrivarono a Valaperta il brigadiere della Gnr e alcuni suoi uomini. Tentano di far parlare gli abitanti ma tutti tacciono, terrorizzati. Minacciano di incendiare le case e l’intera frazione ma nessuno parla. Verso le 22.30 piomba su Valaperta, da Merate, un gruppo di una quindicina di brigatisti neri e da Missaglia il Commissario Prefettizio e il Comandante del Distaccamento della Brigata Nera, Ing. Emilio Formigoni. Alcuni degli inquirenti perquisiscono l’osteria e le zone circostanti, alla ricerca del corpo del milite ucciso.

Mentre stanno ritornando verso le case, odono un intenso fuoco di fucileria, raffiche di mitra e scoppi di bombe provenire dalla borgata e quando vi giungono trovano una trentina di militi della Gnr che sparano all’impazzata nei cortili, incendiano i fienili e ordinano alla gente di uscire dalle case.

Il capitano comandante, indifferente, guarda i suoi uomini in azione e a chi gli chiede di calmarli risponde che quegli uomini sono da poco rientrati dalla Valsassina dove hanno subito pesanti perdite ad opera dei partigiani, che sono eccitati per l’uccisione del Chiarelli, che lui non può fermarli e che il morto appartiene alla G.N.R. la quale è nel pieno diritto di vendicarlo come crede. Intanto le fiamme divampano, le bestie nelle stalle impazziscono, le urla, il pianto e i lamenti delle donne e dei bambini si mischiano alle imprecazioni degli aggressori.

Vengono ripetutamente percosse le persone e razziate le case, asportando oggetti, viveri, biancheria, tutto.

Nei mesi di novembre e dicembre le indagini, condotte anche con il duro interrogatorio di persone di Valaperta presso la sede della Brigata Nera di Merate, portarono alla cattura di alcune persone.

Ai primi di gennaio del 1945, la Brigata Nera di Missaglia viene incaricata di reperire un autocarro con cui portare alla camera mortuaria di Casatenovo quatto bare da utilizzare per quattro partigiani, ritenuti colpevoli dell’uccisione del Chiarelli, già arrestati e che saranno fucilati, senza processo, il 3 successivo. Sono Natale Beretta di Arcore, anni 25; Nazzaro Vitale di Bellano, anni 24; Mario Villa di Biassono, anni 23; Gabriele Colombo di Arcore, anni 22. Pochi giorni dopo, il 13 di gennaio, i fascisti riuscirono ad individuare, grazie ad una spia, il luogo dove si erano rifugiati Mario Ferrario e Angelo Farina la cui presenza era stata segnalata a Valaperta il 23 ottobre.

In ottanta accerchiarono la capanna dove si trovavano, nel territorio di Eupilio, presso Erba, e dopo un conflitto a fuoco durato circa due ore, i due partigiani furono uccisi. Per i fatti di Valaperta vi fu un processo, nel 1947, nel quale i principali responsabili furono chiamati a rispondere di 12 capi di imputazione tra cui, oltre le fucilazioni, rappresaglia e saccheggio, sevizie e rastrellamenti, estorsioni. La Corte decise che queste imputazioni, per quanto in parte accertate e in parte derubricate, non erano ostative alla concessione dell’amnistia che venne riconosciuta a tutti gli imputati.