Quando Napoleone vendette la Villa reale di Monza (ma se la fece restituire)

Anno 1797: Napoleone ha portato la Repubblica in Italia e mette in vendita la Villa reale di Monza. Anzi, la vende. È una delle storie della città ai tempi dei francesi. Un nuovo libro le racconta.
Una parata napoleonica
Una parata napoleonica

“Palazzo e giardino con sue adjacenze, sito in Monza, da vendersi, livellarsi od anche affittarsi”. Il manifesto apparve sui muri di Monza e Milano il 1 dicembre 1796 lasciando tutti esterrefatti: la villa di Monza era in vendita e rischiava anche di essere abbattuta. L’asta fu rimandata più volte fino al 24 gennaio 1797 quando la Villa, svuotata di tutti i suoi arredi, suppellettili, opere d’arte portate a Monza finì nelle mani dello sconosciuto Jean Paul Meuron (in realtà un parvenu corso, molto amico di Napoleone) per 180mila lire.

Se oggi possiamo ancora godere a Monza della presenza della Reggia lo dobbiamo all’accorato intervento di Domenico Palmieri, concorrente sconfitto all’asta, presso l’Amministrazione generale della Lombardia: “Il Palazzo di Monza per la sua grandezza-scrisse- le sue decorazioni e sue dipendenze, può essere considerato uno de’ più magnifici monumenti della Lombardia e può divenire con molto vantaggio un edificio nazionale per l’istruzione o per le manifatture”.

Fu così che l’amministrazione francese fece dietrofront e obbligò Meuron a restituire il palazzo alla Repubblica Francese. La storia è curiosa e complessa ed è raccontata nel saggio di Giuliana Ricci nel volume “la Villa di Monza dalla Repubblica Cisalpina al Primo Regno d’Italia” a cura del Centro Documentazione Residenze Reali Lombarde. Un punto di vista privilegiato per raccontare la sconfitta degli austriaci e l’arrivo a Monza dei francesi lo aveva, nel 1796, Domenico Burocco, canonico del Duomo, che tiene un “Giornale delle novità” e dalla sua casa con torretta nel centro della città, osserva e annota ogni cosa.

La prima impressione non è certo delle migliori: i francesi hanno bisogno di denaro e in soli 15 giorni espropriano il Monte di Pietà (ma trovano solo 600 lire), poi si rivolgono al ben più ricco tesoro del Duomo, ma si scontrano con la fiera opposizione del popolo e infine rivolgono la loro attenzione alla Villa Reale, ricca di mobili e oggetti facilmente commerciabili. Il 31 maggio inizia la spoliazione della villa e Burocco annota per tre mesi il via vai di carri pieni di mobili, specchi, luci, caminiere e perfino gli animali del piccolo zoo dell’arciduca. In città si canta “Liberté, Fraternité, Egalité,/i frances in carosa e nun a pé”.

Se il primo incontro con gli uomini di Napoleone non è dei più felici, il periodo del Regno d’Italia e l’arrivo a Monza di Eugenio di Beauharnais apre un nuovo capitolo nella storia della città e della villa che diventa “Reale” perché scelta come luogo di residenza dal viceré e dalla viceregina d’Italia.

Sono anni di rivoluzioni urbanistiche per Monza che vede nascere il parco reale, costruire il teatrino di corte, abbattere definitivamente il castello, Porta Nuova, la cinta del Carrobiolo e le poche tracce rimaste del borgo fortificato medievale. A palazzo Giuseppe Maggiolini e la sua Bottega realizzano i bellissimi pavimenti lignei (anche la tavola con la medusa per il bagno della viceregina Amalia), Appiani dipinge il fondale del teatro di corte, i terreni intorno al palazzo vengono confiscati (tra le proteste dei proprietari) per realizzare il parco.

Tra il 1801 e il 1810, la villa, appena spogliata degli arredi e delle decorazioni degli austriaci, viene di nuovo abbellita e arricchita secondo il gusto francese. Inizia un periodo felice anche per i monzesi invitati a partecipare a feste a palazzo, nei giardini aperti al pubblico in occasione delle vittorie di Napoleone o dell’onomastico della coppia di vicereali, nonché per ogni nascita di un nuovo erede.

Gli annali di Monza di Antonio Sirtori, conservati nella biblioteca civica e trascritti integralmente da Clara Astuti, ci restituiscono una fotografia precisa dei maggiori avvenimenti in città tra il 1800 e il 1814: dal “Lambro Inondante” dell’11 novembre 1801, al trasporto della corona ferrea a Milano il 22 maggio 1805, il “teatro abbruciato” il 22 gennaio 1802.

Se la maggior parte delle feste a palazzo erano riservate ai “grandi del regno”, non mancano momenti di festa anche per la popolazione: il 7 settembre 1806 per la festa del Santo Chiodo “si distribuì del pane e delle così detti luganeghini in gran numero gettandoli al popolo e due fontane di vino per chiunque”. Quel giorno la grande sala abbellita con orchestra ospitò anche due alberi della cuccagna e a sera un bellissimo “fuoco artificiale al laghetto”.

Per raccontare quanto Monza deve al periodo napoleonico basta comunque citare una data: 1805. È l’anno di nascita del parco voluto da Napoleone come tenuta agricola modello intorno alla Villa reale. Eppure, nonostante la grande influenza del periodo francese su Monza e il compendio di parco e Villa, sono poche le pubblicazioni che lo hanno indagato in modo approfondito. La lacuna è colmata dal quinto volume della collana Anelli, a cura di Giovanna D’Amia e Marina Rosa del Centro Documentazione Residenze Reali Lombarde (“La Villa di Monza dalla Repubblica Cisalpina al Primo Regno d’Italia”, a cura di Giovanna D’amia e Marina Rosa, Beta Gamma editrice, 310 pagine, 30 euro).

In due sezioni la pubblicazione ripercorre gli avvenimenti storici che si rincorrono in meno di vent’anni, dalla Repubblica Cisalpina al Regno d’Italia, con lo sguardo puntato su Monza, la villa e la vita in città e a corte.

Un aiuto prezioso arriva da documenti provenienti dall’Archivio storico comunale e dall’archivio della Repubblica Cisalpina conservato in biblioteca civica. “Il giornale delle novità”, del monzese Domenico Burocco, ci restituisce una cronaca diretta dell’ingresso dei francesi nel 1796. Allo stesso modo “Gli annali di Monza” di Antonio Sirtori,relativi al periodo 1805-1814, raccontano la vita in città e a corte in quel decennio. Di grande interesse l’inedito inventario mobiliare del 1810, trovato a Parigi che restituisce una fotografia della trasformazione della villa in residenza reale. Il focus centrale del volume, curato da Marina Rosa, accompagna invece il lettore negli spazi della villa per descrivere l’apparato decorativo delle stanze principali e svelare gli ambienti, il mobilio prima delle importanti trasformazioni del periodo sabaudo.