Quando Monza ha inventato l’Italia Omaggio a Eugenio di Beauharnais

Mostre, iniziative, progetti e molto altro per l’omaggio che la città di Monza dedica a Eugenio di Beauharnais, vicerè d’Italia per l’impero di Napoleone Bonaparte: l’uomo che ha scelto la città per vivere, ha lasciato un segno profondo e, ha modo suo, ha inventato l’Italia. Leggi anche “L’appetito delle rivoluzioni” e l’invenzione dei ristoranti
Eugenio di Beauharnais: l’omaggio di Monza duecento anni dopo

C’era stata poi un’epoca in cui Monza era stata davvero capitale ed era stata la prima volta dell’Italia che si credeva nazione. Erano i rigurgiti della rivoluzione francese e per una breve stagione la città fondata dai barbari venuti dal nord era stata trasformata nell’epicentro di uno Stato di là da venire: l’Italia unita, che solo decenni dopo avrebbe avuto un cuore da far battere davvero. Era una nazione strana: quella che apriva le sedi reali al popolo per festeggiare a fontane di vino e luganega e piantava alberi della libertà. E che una decina di anni prima, nel maggio del 1805, s’era fatta incoronare regno con la corona ferrea.

Una ex repubblica di re, immatura a vederla oggi, la rivoluzione totale a sbirciarla allora. Con un nome, nel 1805, quello di Napoleone Bonaparte, che s’era fatto cacciare in testa la corona del ferro per proclamarsi sovrano in Europa, come aveva fatto Carlo Magno secoli prima. E che aveva lasciato le incombenze (Napoleone) al figliastro Eugenio, il primo genito di Giuseppina, per tirare le redini di quel regno-repubblica inventato in Italia. In Italia Eugenio, Eugène de Beauharnais, s’era scelto Monza per governare, anche se la capitale formale era Milano. E in quell’effimera, breve stagione, Monza era stata l’avanguardia politica, sociale e culturale della nazione futura.

Due secoli fa, di questi tempi, il regno del vicerè aveva praticamente i giorni contati: Napoleone avrebbe abdicato il 6 aprile 1814 (sono passati due secoli) ed Eugenio de Beauharnais, senza più alcun sostegno, né da parte di altre potenze, né da parte della popolazione che ormai lo considerava un nemico, avrebbe abbandonato il trono il 26 aprile, scegliendo di ritirarsi in esilio in Germania, a Monaco, dai suoceri Massimiliano I di Baviera e Augusta Guglielmina d’Assia-Darmstadt.

Oggi, a due secoli esatti di distanza, con la volontà di rendere omaggio a colui che svolse il delicato ruolo di vicerè del regno d’Italia durante la dominazione napoleonica, è stata organizzata una ricca rassegna di eventi e iniziative dal titolo “Il Parco del Vicerè. L’eredità di Eugenio de Beauharnais”. Progettata dal comune di Monza con la collaborazione della Reggia di Monza e dell’associazione Novaluna, l’iniziativa, che gode del patrocinio del consolato francese e di numerose altre realtà e associazioni, dà fuoco alle polveri, come i cannoni di quell’epoca. Primi appuntamenti in calendario sabato 22 e domenica 23 marzo: alle 11 si svolgeranno al parco due passeggiate tematiche.

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Pronta poi anche la mostra “Eugenio di Beauharnais e Monza (1805-1814). Documenti dall’archivio storico e dai musei civici”, visitabile in Galleria civica in via Camperio dal 22 marzo al 13 aprile (inaugurazione venerdì 21 alle 18): in esposizione cinquantasei documenti che intendono tracciare un ritratto del Beauharnais e offrire una panoramica delle opere urbanistiche realizzate in quel periodo a cura del regio architetto ticinese Luigi Canonica.

Eugenio, Eugène, era nato nel 1881, frutto del matrimonio non certo felice tra la creola Marie-Josèphe-Rose de Tascher de La Pagerie e il visconte Alessandro de Beauharnais. Arrivarono poi gli anni della Rivoluzione francese e del Terrore e il visconte, considerato un aristocratico sospetto, fu ghigliottinato in quella che oggi a Parigi prende il nome di place de la Concorde. La concordia nazionale, oggi, il macello sociale, allora.

La donna, rimasta vedova, incontrò quello che sarebbe diventato il secondo marito nel 1795. L’anno seguente Giuseppina sposò il generale Napoleone Bonaparte e il resto è la storia che si studia sui libri di scuola. Il giovane Eugenio venne proclamato viceré d’Italia il 7 giugno 1805 e fissò la sua residenza in quella Villa che per suo volere iniziò allora a chiamarsi “reale” e che venne ampliata con nuovi appartamenti, un teatrino di corte, un corpo di guardia e le scuderie.

È sempre per sua precisa volontà che si fu creato poi, lì accanto, tra il 1805 e il 1808, attraverso quattro successive annessioni di fondi privati, il “Parco Reale di Monza”. E sempre per desiderio del Beauharnais, secondo quelle che potremmo definire linee guida della dominazione francese, vennero demolite le antiche mura medievali che circondavano Monza e furono realizzati nuovi viali con lo scopo di collegare meglio la città a Milano. Un’epoca di trasformazioni e di interventi sul tessuto sociale che ancora oggi sono riconoscibili a Monza: quelli che la rassegna “Il Parco del Viceré. L’eredità di Eugenio de Beauharnais” con un programma di appuntamenti che si prolunga fino alla fine del mese di maggio, intende mettere in luce.

Perché dieci anni scarsi di dominazione francese, poi sovrastati da una restaurazione che avrebbe presto mostrato la corda anche in città – non riuscendo in nulla se non nella condanna di sé e della sua tragica, vespertina peristalsi che avrebbe fatto da anticamera al Risorgimento – hanno detto molto e più di Monza che tanti secoli.

Con un nome e un cognome, Eugène de Beauharnais: figlio illegittimo di colui che fu, siccome immobile, dato il mortal sospiro. Con una corona monzese in testa. E il peso dei secoli sulle spalle. Decifrati una volta di più sotto il nome di una sola città: Monza.