Quando Lissone sfidava la Biennale di Venezia: una mostra e (finalmente) un catalogo

Nel dopoguerra la piccola Lissone era arrivata a competere con la Biennale di Venezia con un premio d’arte. Oggi il Museo d’arte contemporanea celebra quegli anni a settant’anni dalla prima edizione. E soprattutto, dedica un catalogo storico ai decenni 1946-1967.
Emilio Vedova, Immagine del tempo, 1958
Emilio Vedova, Immagine del tempo, 1958

A torto o a ragione nel mondo (mondiale) dell’arte la Biennale di Venezia è ancora l’appuntamento più prestigioso. Ma ci sono stati anni in cui la laguna aveva un concorrente reale: un premio in Brianza che per due decenni si è conquistato passo a passo il ruolo di momento centrale dell’arte contemporanea in Italia. E tutto succedeva a Lissone. Dove passavano Tapies e Vedova, Morlotti e Feito, Scanavino e Schifano, Dorazio, Mairfaing e Appel. E persino quella Johan Mitchell protagonista di una delle edizioni più prestigiose e la cui opera, acquisita, e poi scomparsa dagli archivi – in un mistero risolto soltanto a metà.

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In quei vent’anni ha voluto rituffarsi il Museo d’arte contemporanea di Lissone che sabato 23 maggio, alle 18.30, inaugura un’antologica dedicata al premio negli anni 1946-1967. Una mostra pensata in occasione di Expo per offrire al pubblico internazionale l’immagine di un’eccellenza brianzola ma, soprattutto, l’occasione per il Mac di ricostruire una volta per tutte la storia dello straordinario capitolo culturale della Brianza. E questo succede grazie a un libro-catalogo di 300 pagine, edito dal Mac di Lissone e curato da Alberto Zanchetta con contribuiti e schede di Bianca Trevisan, Chatia Cicero e Silvia Conta in cui oltre all’apparato di immagini e ai saggi critici è presente un importante regesto delle collezioni del museo. Insomma: la storia del premio Lissone finalmente ha una compiuta ricostruzione critica capace di testimoniare il suo valore.

La mostra sarà aperta fino al primo novembre e viene presentata a settant’anni dalla prima edizione raccogliendo nelle sale espositive del Museo di viale Padania 48 opere che raccontano “la vicenda del più innovativo e rivoluzionario dei premi italiani di pittura, che ha accompagnato l’evoluzione del linguaggio artistico del secondo Novecento”,si legge nella presentazione: un premio che per Guido Le Noci doveva rimanere di natura “polemica e di estrema avanguardia”. “La storia del Premio Lissone è stata uno snodo fondamentale per tutta la pittura del secondo dopoguerra – dice Alberto Zanchetta, direttore del Mac – La manifestazione ha infatti ricoperto un ruolo di primo piano, grazie soprattutto ai premi assegnati da giurie d’eccellenza così come alla capacità degli organizzatori di sapersi aggiornare in tempo reale sulla pittura del secolo scorso”.

In mostra i dipinti, i documenti, lettere e manifesti, fotografie e disegni, i bandi, la pubblicità, tutto quello che testimonia “l’importanza di un premio che ha visto alternarsi giurie composte dai più celebrati critici e storici dell’arte, quali Giulio Carlo Argan, Marco Valsecchi, Umbro Apollonio, Giuseppe Marchiori, Guido Ballo, Francesco Arcangeli, Pierre Restany, Will Grohmann, Jean Leymarie, Pierre Janlet e altri”.

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Storia e prestigio che il Museo di arte contemporanea, alla vigilia della mostra, ricostruisce così.

Il Premio Lissone, la cui fama raggiunse la notorietà della Biennale di Venezia, ha rispecchiato la dinamicità dell’arte italiana ed europea di quegli anni, accogliendo correnti che andavano dal Neorealismo al postcubismo, dall’astrazione geometrica all’Abstraction Lyrique, dal gruppo Forma 1 al gruppo Mac, dal gruppo degli Otto a Corrente, da Origine a Cobra, dallo Spazialismo ai Nucleari, dall’Informale all’Espressionismo astratto, dal Nouveau Réalisme al Neodadaismo, dalla Pop Art alla Nuova Figurazione, fino all’Arte cinetica e programmata.

Nato col proposito di presentare un “vivo panorama della pittura italiana”, il Premio Lissone nelle sue prime edizioni ha visto la partecipazione di artisti nazionali, aprendosi nel 1953 alle esperienze provenienti dall’estero. La collezione del Premio iniziò a formarsi con due opere di Ennio Morlotti e di Mauro Reggiani, vincitori ex aequo della VII edizione, che rappresentavano le due opposte tendenze della pittura contemporanea, quella astrattista e quella neorealista.

Negli anni cinquanta, il premio assume una connotazione vicina all’astratto informale; ne è prova la vittoria dell’artista tedesco Theodor Werner, fautore di una rinascita in terra germanica di questa corrente. Le varie sfaccettature dell’astrattismo si palesano anche nelle successive edizioni; ad esempio, Renato Birolli, vincitore nel 1955, esponente attivo di ‘Corrente’, si faceva portavoce di un astrattismo di stampo naturalistico.

Sempre in questo decennio, spiccano le cadenze informali esercitate in Spagna da Antoni Tàpies e Luis Feito, in cui si nota un impiego di una materia pittorica stratificata e raggrumata, organizzata entro una struttura morfologica solo apparentemente casuale.

L’Informale assume una fisionomia ben riconoscibile nelle tele di Emilio Scanavino, Achille Perilli, Emilio Vedova e Piero Dorazio, ai quali si affianca la ricerca del gruppo Cobra, qui rappresentato da una “Composizione” di Karel Appel.

Gli anni sessanta del Premio Lissone si caratterizzano per una produzione stilisticamente più varia, che registra bene gli umori e le sensibilità degli artisti europei, di nuovo interessati alla figurazione, alle tematiche surrealiste dell’inconscio ma anche alle nuove tecnologie e ai mass media.

La loro autonomia nei confronti dei colleghi americani, allora all’apice dell’attenzione critica e del mercato, si esprime in movimenti come il Neo-Dada o il Nouveau Réalisme, come nel caso dei décollage di François Dufrene, nei quali l’artista francese recupera degli oggetti – in questo caso manifesti lacerati – reinvestendoli di una funzione e di un’identità completamente nuove rispetto a quelle iniziali, o in quello in chiave Pop di Mario Schifano e Valerio Adami, vincitore dell’edizione del 1967, anno in cui termina l’avventura del Premio Lissone, punto di riferimento per le ricerche e le sperimentazioni pittoriche del dopoguerra, capace di monitorare gli umori e le tendenze artistiche, nutrendo l’ambizione di trasformarsi, come aveva annunciato Guido Le Noci in “qualcosa di molto diverso e di molto serio rispetto ai soliti premi che si fanno in Italia”.

Gli artisti in mostr
a: Valerio Adami, Karel Appel, Claude Bellegarde, Renato Birolli, Mark Boyle, Aldo Brizzi, Peter Brüning, Samuel Buri, Cheval-Bertrand, William Crozier, Horia Damian, Giuseppe De Gregorio, Piero Dorazio, François Dufrêne, Ernst Faesi, Luis Feito, Gianfranco Ferroni, Franco Francese, Josep Guinovart, Patrick Huges, Nikos Kessanlis, Peter Klasen, André Marfaing, Mattia Moreni, Ennio Morlotti, Edo Murtić, Achille Perilli, Gianni Pisani, Mauro Reggiani, Sergio Romiti, Piero Ruggeri, Emilio Scanavino, Mario Schifano, Gerard Schneider, Giacomo Soffiantino, Antoni Tàpies, Fred Thieler, Eugenio Tomiolo, Guido Trentini, Emilio Vedova, Aat Verhoog, Vittorio Viviani, Theodor Werner

Orari: mercoledì e venerdì, 10-13; giovedì, 16-23; sabato e domenica, 10-12; 15-19
Ingresso libero
Catalogo: edizioni Museo d’Arte Contemporanea di Lissone