Monza e l’altro suo museo d’arte Quello invisibile. Al San Gerardo

Un nuovo catalogo per raccontare l’altro museo di Monza: quello invisibile, o quasi, cioè il tesoro d'arte di proprietà dell'ospedale San Gerardo, costruito con le donazioni. Molte di quelle opere hanno bisogno di restauri. E il catalogo, o meglio la sua vendita, servirà a questo: finanziare il salvataggio.
Il nuovo catalogo della quadreria (e non solo) dell’ospedale San Gerardo di Monza

Giovani donne e signore attempate, uomini nel fiore degli anni e anziani segnati al tempo. Sono quasi trecento i volti che raccontano la storia dell’ospedale San Gerardo. Sono i ritratti della quadreria del nosocomio, per la prima volta catalogati e studiati, ora raccolti in un volume: “Il patrimonio culturale dell’azienda ospedaliera San Gerardo. Cinque secoli di storia e arte in Lombardia”.

Un lavoro importante, «uno sforzo che non è un peso, ma un tributo doveroso a futura memoria delle giovani generazioni», ha commentato il commissario straordinario Simonetta Bettelini durante la presentazione ufficiale del volume, curato allo storico dell’arte Sergio Rebora. «Non commettiamo l’errore di prendere in considerazione solo le opere d’arte – ha ricordato Rebora – ma le storie degli uomini e delle donne che stanno dietro ciascuna tela».

I dipinti, tutti ritratti a olio, raffigurano i benefattori e i pazienti che, come segno di ringraziamento, decisero nel corso dei secoli, fin dal Seicento, di lasciare un dipinto come ricordo per i posteri. Una vera e propria galleria raccolta solo in piccola parte negli uffici amministrativi, un cospicuo patrimonio artistico frutto di riconoscenza ma anche di lasciti.

Inizia con un dono la storia delle Raccolte civiche, i futuri Musei civici cittadini. Un lascito a nome di Eva Galbesi, vedova dell’avvocato mantovano di origini ebraiche, Samuele Segrè. La loro fu un’esistenza ricca di sostanze e amore. Arrivarono a Monza negli ultimi anni della loro vita di coppia, quando il marito, più vecchio di vent’anni rispetto alla consorte, cessò la sua attività legale. Si trasferirono in una lussuosa villa al civico 7 di quello che allora era conosciuto semplicemente come il viale d’accesso alla Villa reale, e che, in onore alla padrona di casa, venne ribattezzato Villino Eva. La signora Segrè morì nel 1923. Non era mai riuscita a dare un erede al marito e così i due avevano impegnato parte delle loro ricchezze nella cura e nella ricerca di quanto amavano di più: l’arte.

Nel suo testamento Eva Segrè decise di destinare tutti i suoi beni all’ospedale dei bambini e l’intera sua collezione d’arte, quadri, stampe, ceramiche e mobilio, al Comune, con il chiaro intento che quello fosse il nucleo iniziale di un museo d’arte, intitolato al marito, che sarebbe dovuto sorgere nell’arengario.

Degli oltre 1.600 pezzi artistici che componevano il suo patrimonio, 377 vennero destinati alla futura pinacoteca, altri furono venduti dalla Congregazione della carità a cui erano stati destinati i suoi beni da investire nell’ospedale dei bambini, e 34 rimasero all’ospedale San Gerardo. Quasi tutti ritratti, dunque, ma anche tele a soggetto religioso, provenienti dalle cappelle degli ospedali.

Molti gli artisti di fama conservati sulle pareti del San Gerardo: da Mosè Bianchi, insieme al fratello Gerardo e il padre Giosuè e poi ancora Emilio Borsa, Eugenio Spreafico ed Emilio Parma. Celebri pittori per altrettanto celebri volti della borghesia imprenditoriale tra Otto e Novecento: i Valera, i Ricci, i Fossati Bellani, gli Hensemberger, i Cambiaghi.

«È stato fondamentale non solo catalogare ciascun quadro attribuendolo all’autore e distinguendone il soggetto, ma anche identificarne la provenienza. Alcuni dipinti, infatti provengono dall’Opera pia Bellani,m altre da quella che venne chiamata Casa di ricovero industria, fondata nel 1831», ha spiegato Paolo Galimberti, responsabile dei beni culturali dell’ospedale Maggiore di Milano, il cui archivio artistico è collegato a quello del San Gerardo.

Un patrimonio artistico importante che deve però essere conservato. Per questo motivo i proventi della vendita del catalogo saranno destinati al restauro delle tele più danneggiate. Per prenotare una copia del volume (costo 35 euro) è possibile chiamare il numero di telefono 039. 23.39.156.