“Io ritornerò”, le lettere inedite di Eugenio Corti dal fronte russo

La casa editrice Ares pubblica le lettere inedite dal fronte russo di Eugenio Corti, lo scrittore di Besana Brianza scomparso nel 2014. “Io ritornerò” raccoglie documenti ritrovati dalla moglie Vanda: ecco due brani tratti dal libro.
Besana Brianza, Eugenio Corti in Russia
Besana Brianza, Eugenio Corti in Russia

Dio, Brianza e famiglia. Tutti – o quasi – sanno che Eugenio Corti è andato in Russia, in mezzo a tanti che non sono tornati. Molti sanno che è miracolosamente scampato alla ritirata con l’idea di far lo scrittore ancora più fissa rispetto a quando era partito (volontario, tra l’altro). Da oggi sappiamo meglio perché, e come, questo sia accaduto.

Grazie alla curatela di Alessandro Rivali, Ares manda infatti in libreria “Io ritornerò” (246 pagine, 14 euro), raccolta di lettere dal fronte del grande scrittore di Besana Brianza scomparso lo scorso anno. A rendere di grande interesse il libro è in primo luogo il contenuto della corrispondenza, in massima parte inedita (le carte sono state rinvenute dalla moglie Vanda e catalogate da Silvia Stucchi): essa restituisce con una prosa illuminata da improvvise venature di poesia la vita al fronte di un uomo partito fidando nella Provvidenza e non certo nel regime, straordinariamente legato alla sua terra e ai suoi cari, di cui segue a migliaia di chilometri di distanza le piccole vicende della vita. Ma il lavoro più prezioso è quello che riannoda i fili fin qui misteriosi tra quelle lettere, con ogni evidenza riprese in mano dall’autore al rientro, e le sue opere più note. Non solo “I più non ritornano”, drammatico affresco della grande ritirata degli Alpini, ma anche e soprattutto “Il cavallo rosso”. Con perizia Rivali recupera personaggi, paesaggi, oggetti, case, pezzi di vita che Corti ha voluto tradurre letterariamente ma ricalcandoli dalla cronaca.

Il testo, con le sue note, guida così il lettore appassionato di Corti a scoprire nuove coloriture delle sue opere, dominate dall’esigenza di restituire da testimone una realtà il meno possibile distorta; nondimeno interessa chi al besanese si avvicina per la prima volta, scovando una dimensione di cronista bellico non meno affascinante rispetto a quella del romanziere. Le due lettere che proponiamo per gentile concessione del curatore sono un invito alla lettura e un piccolo saggio di alcune caratteristiche che ritroveremo nello scrittore maturo (nel 1942, anno della maggior parte delle missive, aveva 21 anni): gli occhi spalancati sul mondo come carta assorbente, una concezione della realtà pervasa da una naturalezza cristiana, il continuo paragone con la Brianza, spesso citata per paragoni con le terre attraversate (la Polonia prima, la Russia poi), l’amore sacro per la famiglia. L’esplosione della grandezza letteraria verrà; i semi che la faranno nascere cadono però qui, nella gelida steppa russa. E oggi, grazie ad Ares, li vediamo miracolosamente incastonarsi nel terreno.

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Polonia – Przenmysl21 – pomeriggio del 12-6-42

“Carissimi, ieri sera siamo giunti felicemente in questa città, dove abbiamo pernottato in baraccamenti comodissimi di legno anziché in treno.

Ho trovato una novità: i pagliericci erano fatti della tela rara che tessiamo nel nostro stabilimento, zaini, tascapani, cinghie eccetera: quanta roba vedo qui in Polonia che viene da Besana! Oggi abbiamo fatto il passaggio su una tradotta di carrozze tedesche, e verso sera riprenderemo il viaggio.

La Polonia è una terra meravigliosa, almeno a giudicare da queste regioni: non così pittoresca come la Jugoslavia, forse, e non così meravigliosamente ricca di caccia come l’Ungheria, ma attraente per un’infinità di cose.

Prima di tutto il carattere degli abitanti: mite e buono, ma, si indovina, molto tenace e, quel che risalta da un’infinità di cose (le casette di legno soprattutto), molto poetico. Poi il paesaggio: vi ho già scritto e ve lo ripeto, che è come un’immensa Brianza, con molte meno case però, e un’infinità di boschi, colline, praterie, fiumi. Ogni tanto sulle casette si vedono i nidi delle cicogne. Ci sono qui resti delle fortificazioni sovietiche distrutte dai tedeschi (ridotte di cemento armato, ostacoli anticarro ecc.), ma il verde e l’erba ha preso ormai il sopravvento e i segni della lotta non si vedono più.

Stamane siamo stati (3 di noi e 4 di Moncalieri) a visitare una chiesa (tutta piena di fiori) e abbiamo fatto una visita di dovere al Vescovo che parlava molto bene l’italiano. Vi racconterò tante altre cose poi, quando verrò a casa. E intanto vi saluto: tutto continua benone e il morale è sempre molto alto. Aspettate prima di scrivere, che v’invii l’indirizzo preciso. Tanti baci a tutti,

Eugenio”

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31/7/42 – mattina

“Carissimi, abbiamo fatto un altro bel passo avanti, e visto nuove genti e nuove cose. Siamo fermi ora in un villaggetto russo, sempre molto lontano dal fronte (siamo sempre di riserva) e ho avuto modo di rendermi conto un po’ da vicino della vita dei contadini di qui. Anzitutto, li ho trovati molto intelligenti, gente che ha sofferto molto, sotto i vari governi, dallo zarista al socialista; poi rassegnati. Ma non rassegnati di una rassegnazione bruta e inintelligente, bensì rassegnati religiosamente, come sarebbero in simili contingenze le donne della nostra Brianza ad esempio.

Infatti, assolutamente al contrario di quanto avviene nelle città o centri industriali, i contadini, e soprattutto i più vecchi, sono molto religiosi, e adesso non c’è casa in cui non sia saltata fuori un’icona (solitamente una Madonna dorata e stilizzata, secondo lo stile bizantino) che per tanti anni (dal ’29) aveva dovuto stare nascosta per tema dei commissari politici.

Le casette qui sono misere misere, e lo si capisce: non ci sono muratori e ciascuno ha dovuto costruirsele da sé.

Ieri, ad esempio, un bel vecchio dalla lunga barba e dal volto intelligente, un tipo tolstojano indicandomi le grosse travi del basso soffitto di casa sua mi diceva di averle dovute portare sulle spalle per chilometri. Di fuori le case, sempre circondate d’orti di girasoli, sono rivestite di fango o scadente intonaco, mentre di dentro il rivestimento è analogo a quello delle nostre case. Impossibile (raro anche nelle grandi città come Voroscilovgrad vista ieri) vederne di più di un piano.

Di nuovo non c’è altro. Ho ricevuto anche il quarto pacco, ora aspetto con ansia il quinto e le cartucce che recherà.

Vi bacio,
Eugenio”