“Per il suo impegno per la democrazia e i diritti umani. Concentrata soprattutto sulla lotta per i diritti delle donne e dei bambini”. È la motivazione con cui nel dicembre 2003 il premio Nobel per la pace è stato attribuito a Shirin Ebadi.
Lei, iraniana e avvocato, nel suo discorso di ringraziamento parlò di diritti umani, diritti negati, diritti per le donne musulmane spronate a credere in loro stesse. «La decisione del Comitato Nobel per la Pace di assegnare il premio a me, come prima iraniana e prima donna di un paese musulmano – disse – ci ispira a lottare per la realizzazione dei diritti umani e della democrazia col sostegno e la solidarietà della società civile internazionale».
Dieci anni sono passati da quel giorno e questa sera Shirin Ebadi porterà la sua battaglia in Brianza, seconda ospite della “Primavere di Monza” promosse da il Cittadino insieme al Comune, Camera di Commercio e Acsm Agam . L’appuntamento è alle 20.45 nella chiesa di San Pietro Martire, a tema – nel confronto con il direttore Giorgio Bardaglio – “Abitare il futuro: i rischi della gabbia d’oro”.
La gabbia d’oro è la stessa del titolo del libro pubblicato in Italia nel 2009 per Rizzoli. Perché Ebadi è anche scrittrice. E dopo “Il mio Iran” (2006, Sperling&Kupfer), si è dedicata al racconto dell’amicizia tra Shirin e Parì: due amiche travolte dalla rivoluzione islamica.
«La storia vera della “Gabbia d’oro” è quella di molte famiglie iraniane – si legge nella presentazione del libro – vittime nel giro di pochi decenni di sconvolgimenti storici e politici che hanno significato la guerra dei padri contro i figli, dei fratelli contro i fratelli, e che hanno provocato l’emigrazione di milioni di cittadini. In controluce scorre la storia, dagli ultimi giorni della monarchia all’ascesa di Ahmadinejad. E la vicenda, densa come un romanzo, è anche un grido di denuncia e di scandalo: la tragedia della famiglia di Parì, intrecciata alla vicissitudine personale e professionale di Shirin Ebadi, è quella di un intero popolo».
La storia personale di Ebadi è tormentata. Dopo la laurea in giurisprudenza all’università di Teheran ha partecipato agli esami per diventare magistrato e dal 1975 al 1979 ha ricoperto la carica di presidente di una sezione del tribunale di Teheran. Ma dopo la Rivoluzione Islamica del 1979 è stata costretta, come tutte le donne giudice, ad abbandonare la magistratura e solo dopo ampie proteste le è stata riconosciuta la possibilità di collaborare col tribunale con il ruolo di “esperta di legge”. Si è trasferita a Londra, ha fondato un’associazione non governativa per i diritti dei bambini. Solo nel ‘92 ha ottenuto l’autorizzazione a operare di nuovo come avvocato e ha aperto uno studio. Nel frattempo le sue battaglie a favore della democrazia e dei diritti delle donne e un’intensa attività di propaganda e battaglia legale le hanno messo contro il regime di Ahmadinejad. E la sua guardia non si è abbassata. «La situazione della donna in Iran è brutta e peggiorata, anche perché noi abbiamo leggi discriminatorie al contrario di quanto accade qui – ha detto pochi giorni fa a Firenze, a l Festival d’Europa – In questi casi bisognerebbe cambiare le leggi però purtroppo da noi il Parlamento non è libero».
Su www.leprimaveredimonza.it o alla segreteria (039/21.69.511) chi vuole può prenotarsi, ma per partecipare basta presentarsi. Ingresso libero.