“Andate via. Qui non vi vogliamo”. Questo il messaggio di benvenuto che i sei ragazzi profughi della cooperativa Ubuntu hanno ricevuto a pochi giorni dal loro arrivo in via Santa Margherita 49. I giovani replicano al messaggio con una proposta concreta: un aperitivo multietnico. «Dopo aver trovato quel cartello sulla porta di casa- spiega Laurent Akouete, educatore, mediatore culturale e linguistico della cooperativa Ubuntu- abbiamo pensato che, per farci conoscere dai nostri nuovi vicini una serata insieme poteva essere una buona idea. Ci apriamo a loro, i nostri piatti tipici possono essere uno strumento, la conoscenza delle nostre tradizioni culinarie può essere una modalità di conoscenza, l’occasione d’incontro. Vorremmo far vedere che sono tutti bravi ragazzi, che sono qui per una seconda chanche, un riscatto dalle tragedie che hanno vissuto. Abbiamo chiesto all’amministratore se questa idea è fattibile e realizzabile e se, lui per primo, può fare da portavoce con i condomini. Siamo in attesa di una risposta».
I ragazzi non sono nuovi in città, erano con altri in via Porta e, appena la cooperativa ha trovato questa nuova soluzione abitativa, li ha spostati per alleggerire la situazione che si è creata in questi mesi. I residenti di via Porta possono tirare un sospiro di sollievo, visto che alcuni appartamenti sono stati liberati e la presenza di profughi è diminuita, con la collaborazione di tutti, dall’amministrazione alla cooperativa. «I nostri ragazzi sono tutti impegnati durante la giornata- continua l’educatore- a casa vanno alla sera, dopo una giornata particolarmente impegnativa.
Due di loro studiano a Monza, altri due seguono i nostri corsi di italiano qui a Lissone, grazie alla disponibilità di alcuni concittadini che si sono resi disponibili e promuovono queste attività. Uno ha un lavoro a tempo indeterminato e l’altro ha un lavoro saltuario come grafico, ma ha una gran passione per il teatro, tanto che stanno lavorando, nella nostra sede, per allestire un piccolo “spettacolo” nei momenti liberi. Certo sono uomini e tutti giovani, sotto i trent’anni, ma si tratta di bravi ragazzi. Non capisco perché sia stato lasciato questo messaggio. Ogni giorno passo a controllare che la casa sia ben tenuta e quando incontro i condomini mi presento ho anche lasciato i miei recapiti per qualsiasi problema possa sorgere».
Certo i giovani non si aspettavano di essere accolti in questo modo, sono ragazzi scappati da situazioni di guerra e disperazione, molti non hanno più nemmeno una famiglia. «Proprio il giorno in cui si celebrava la Shoa noi abbiamo trovato questo messaggio- continua Laurent- segno che l’indifferenza e l’ignoranza verso il diverso sono sentimenti ancora radicati in alcune persone.
Notiamo assenza di sensibilità, anche per questo stiamo collaborando con l’amministrazione per lavorare sul tema dell’immigrazione. Ci piacerebbe proporre un momento di condivisione e confronto con i cittadini per sfatare questa “paura” verso lo straniero che ancora persiste. Un convegno sul tema dell’immigrazione potrebbe essere utile a spiegare molte cose di cui nessuno è a conoscenza.».