Il tema è di estrema attualità, tanto che il sindaco Concetta Monguzzi ha deciso di prendere carta e penna e scrivere al Prefetto di Monza e Brianza, Giovanna Vilasi, per esprimere “preoccupazione relativamente alle persone questuanti che gravitano quotidianamente sul territorio di Lissone” e per ribadire il timore “che, in alcuni casi, alle spalle di queste persone possa nascondersi una gestione organizzata della questua, spalancando a scenari ancor più preoccupanti in cui la solitudine e la disperazione di queste persone possa esser stata utilizzata senza scrupolo alcuno”.
Si torna a parlare (o forse dovremmo dire, si continua a discutere) di chi in città chiede l’elemosina. Il sindaco in una nota ufficiale trasmessa a seguito di sopralluoghi mirati eseguiti dal comando di Polizia locale dal settembre 2017 al marzo 2018 ) “da cui sembra che la questua sul territorio lissonese sia divenuta stanziale e sistematica”), precisa di essere “preoccupata in particolare per l’eventualità che alcuni dei soggetti identificati possano apparire all’interno dei progetti elaborati dalla Prefettura di cui sono affidatarie le Cooperative sul territorio”.
A seguito dell’ordinanza contingibile ed urgente in materia della vivibilità della città e del decoro urbano emessa dal sindaco di Lissone nel 2017 sulla scorta del “Decreto Minniti”, sono stati effettuati ulteriori e più approfonditi controlli sugli individui dediti alla questua in ambito urbano, soprattutto fuori dalle attività commerciali. Interventi volti ad individuare la regolarità sulla permanenza sul territorio italiano di questi soggetti. «E’ emerso che la pressoché totalità delle persone censite e mappate è di nazionalità nigeriana- fa sapere il sindaco -in alcuni casi gli agenti di Polizia Locale hanno generalizzato i soggetti, che risultato in regola sul territorio italiano ed in possesso di documenti identificativi. In altri casi, i soggetti sono risultati sprovvisti di documenti di identità ed hanno comunicato oralmente le proprie generalità».
La nota inviata al Prefetto elenca 24 nominativi di individui, con l’indicazione della data di nascita e del luogo di domicilio o residenza. “La mia preoccupazione è dettata dalla volontà di comprendere chi siano queste persone questuanti che gravitano quotidianamente sul territorio di Lissone, di quali percorsi di integrazione facciano parte, quali siano le Cooperative alle quali sono state affidate per entrare a far parte di percorsi di inclusione sociale -conclude – monitorare il fenomeno non è, ora, sufficiente. Per questo ho chiesto un colloquio personale al Prefetto”.