Nel primo decennio degli anni duemila, in una comunità mennonita isolata, le donne di ogni età hanno lividi e ferite, subiscono soprusi e violenze sessuali da parte degli uomini della colonia. Gli uomini hanno il quasi totale controllo sulle loro vite e sulla loro fede. Oltre ai segni fisici, questa violenza ha segnato profondamente queste donne, al punto che una di loro ha scelto il suicido. Questa scioccante verità non può essere più ignorata e le vediamo tutte riunite in un fienile, per cercare di capire come reagire alla tragedia. Le opzioni sono tre: non fare nulla e perdonare, come il loro credo religioso vorrebbe, restare e ingaggiare una battaglia contro gli stupratori o, infine, abbandonare la comunità per trasferirsi altrove. La discussione è animata e ognuna delle presenti esprime la propria posizione. Per richiesta delle partecipanti all’assemblea, un uomo le ascolta: è August, ex insegnante della comunità cacciato tempo prima insieme alla madre che poneva troppe domande. E’ la prima volta che si ritrovano a decidere qualcosa, a riflettere sulle proprie esistenze, del resto loro non hanno mai conosciuto il mondo fuori da quella colonia. In un crescendo di tensione, la decisione messa ai voti…

Ispirato al romanzo “Donne che parlano” di Miriam Toews, a sua volta liberamente tratto dai fatti avvenuti realmente nella colonia Manitoba in Bolivia nel 2011: è il secondo film dell’attrice Sarah Polley, e ha ottenuto 2 candidature a Premi Oscar, 2 candidature a Golden Globes del 2023. E’ ambientato nel 2010, ma questa comune isolata è così avulsa dalla quotidianità contemporanea, da apparire immersa in un tempo lontano. Il cast stellare vanta le interpretazioni di Jessie Buckley, Rooney Mara e Claire Foy.