Ecco i bambini ambasciatori della pace Dal Saharawi a Monza con il sorriso

Sono nati profughi, lontano dalla terra delle loro famiglie. Dalla loro terra. E proprio per questo sono i migliori ambasciatori della pace. Ogni anno tornano in Italia, e a Monza, per farsi portatori di un messaggio tanto chiaro quanto inascoltato: ogni popolo ha diritto di vivere, senza conflitti, nel luogo d’origine
I bambini Saharawi prima del rientro a casa
I bambini Saharawi prima del rientro a casa

Sono nati profughi, lontano dalla terra delle loro famiglie. Dalla loro terra. E proprio per questo sono i migliori ambasciatori della pace. Ogni anno tornano in Italia, e a Monza, per farsi portatori di un messaggio tanto chiaro quanto inascoltato: ogni popolo ha diritto di vivere, senza conflitti, nel luogo d’origine. I loro sguardi riflettono infatti la storia del popolo Saharawi e della sofferenza dimenticata di tanti profughi costretti a rimanere in una striscia di deserto invivibile . Una situazione d’emergenza che è diventata quotidianità fatta di fango, tende di fortuna, deserto, dal lontano 1975. Ormai più di 40 anni fa, il Sahara Occidentale, lasciato dalla Spagna che l’aveva colonizzato, fu invaso da truppe marocchine che costrinsero i Saharawi ad abbandonare la propria terra. Il deserto divenne allora l’unica, immediata, soluzione anche se quella terra così inospitale si è rivelata poi una vera trappola .

Oggi la gran parte dei Saharawi (il conflitto tra l’esercito marocchino e il Fronte Polisario, l’organizzazione politico-militare dei Saharawi, si è fermato nel 1991, ndr) vive ancora nei campi per rifugiati, in una striscia tra Algeria e Marocco, in condizioni al limite della sopravvivenza per gli adulti, quasi insopportabili per i bambini costretti a un’infanzia estremamente difficile. Eppure proprio quei bambini sono gli unici a tenere alta l’attenzione sul dramma Saharawi, perché con i loro viaggi portano un messaggio di pace, nella loro semplicità. I loro sorrisi e la loro mitezza stupiscono sempre.

Dieci bambini Saharawi sono stati accolti in città dal 9 al 22 agosto. A volere l’ospitalità l’associazione Fadel Ismail di Mantova. Il progetto si ripete da cinque anni, con la collaborazione del Comune di Monza, e intende sensibilizzare l’opinione pubblica sulla difficile situazione di quel popolo. E ogni anno è sorprendente vedere la disponibilità di tanti volontari monzesi, quest’anno una trentina, a disposizione dei ragazzi; si occupano di accoglienza, cibo, momenti di svago, pernottamento e assistenza. I bambini, sei femmine e quattro maschi (tutti attorno ai dieci anni) sono stati ospitati dell’ostello dei frati minori, al Santuario della Madonna delle Grazie. Qui, a turno, hanno trovato tanti volontari impegnati in pieno agosto, 24 ore su 24.

In prima fila accanto alla presidente di “Fadel Ismail”, Patrizia Fin, anchel’ong Africa 70 (da tempo impegnata in altri progetti con il popolo Saharawi), i Giovani musulmani, ma anche l’associazione Ti do una mano, la Gioventù francescana e tanti altri volontari, singoli o organizzati, che non mancano di dedicare parte delle loro vacanze ai bambini.

Il 21 agosto sono stati tutti ricevuti in municipio, dagli assessori Pierfranco Maffè e Desireé Merlini. Ma il buon esempio di ospitalità lo danno da sempre anche semplici cittadini, ristoratori e commercianti, che si mettono a disposizione per non far mancare nulla nelle due settimane di permanenza a Monza. Per i piccoli ambasciatori di pace anche una festa, appena arrivati, al Campo Comune Cederna (progetto socio-culturale) con giochi, dialoghi, una cena condivisa, musica e ritmi africani, una uscita notturna al parco, una gita al lago Maggiore e anche una festa finale alle Grazie, con altri bambini Saharawi accolti a Sesto San Giovanni

L’associazione di volontariato Fadel Ismail nasce nel 2002 per sostenere l’autodeterminazione del popolo Saharawi, opera nel Mantovano e, grazie al Coordinamento lombardo di solidarietà, anche in altri comuni lombardi. Oltre a promuovere iniziative umanitarie a favore di coloro che vivono nei campi profughi nel deserto di sud ovest dell’Algeria, l’associazione ospita ogni estate dieci bambini. I piccoli ospiti di Monza sono arrivati in Italia a giugno. Prima accolti in famiglia a Casaloldo e San Giorgio (Mantova), poi ospitati per quindici giorni al mare. Infine sono giunti in città, per quella che è stata l’ultima tappa del loro viaggio italiano, seguiti anche da due accompagnatrici. Le spese per il viaggio, le cure sanitarie e imedicinali sono a carico dell’associazione. Durante la permanenza in Italia infatti i bambini vengono sottoposti a necessarie visite e cure mediche. C’è chi deve tornare qui, l’anno successivo, proprio per gli indispensabili controlli. Sono i volti, le storie e i ritratti di chi aspetta di fare ritorno a casa, nel Sahara Occidentale.

Per ora la vita, però, continua a scorrere in esilio, in campi dove tutto è sospeso. Anche il respiro, reso difficoltoso dalla sabbia del deserto. E spesso, in sospeso, resta anche la buona salute. Ora i bambini tornano a quella vita. Nella valigia avranno tanti ricordi ma anche una cartella medica con l’indicazione di visite e cure fatte in Italia. Uno strumento prezioso per quei giorni difficili nel deserto. Da ambasciatori di pace in esilio.