Monza, i giardini di Villa reale tra storia e ricerca: in un libro com’erano nel ’700

I giardini della Villa reale tra storia e ricerca. Presentato il volume firmato da un pool di autori che ricostruisce giardini e orti come li volle l’arciduca Ferdinando con l’architetto Piermarini: “I Giardini Arciducali di Monza” sono in libreria per il Libraccio editore.
Giardini Arciducali di Monza
Giardini Arciducali di Monza Redazione online

Un frutteto a sinistra, un orto a destra, anzi no, un giardino di frutta e uno di ortaggi a corona della villa Reale.

È solo uno dei sogni che furono realtà e risultato dell’enorme capacità progettuale e creativa di Giuseppe Piermarini. Tutto il progetto del verde, cioè i giardini della villa all’epoca di Ferdinando e di Beatrice d’Este, erano stati finora nascosti dalle carte poco consultate. Ora sono tutti in un poderoso libro edito dal Libraccio. Il volume, 229 pagine per 53 euro, ha per titolo “I Giardini Arciducali di Monza”. Un testo, con un prezioso apparato iconografico e un dvd, ideato da Martina Rosa e Pierluigi Tagliabue ed esito di un’enorme lavoro di ricerca e trasposizione video condotto da una squadra di autori composta da: Ivano Galbiati, Giorgio Grossi, Valeriana Maspero, Giorgio Mollisi, Giuliana Ricci, Marina Rosa, Pierluigi Tagliabue.

Un tomo che è una finestra aperta su alcuni aspetti cardine del verde arciducale, per lo più non noti o noti in modo diverso da come li hanno scoperti gli autori.

La sostanza della ricerca – che è anche un dvd annesso al libro e realizzato come ricostruzione in 3d realizzata da Guido Bazzotti con testo di Rosella Redaelli – è che Ferdinando usò i molti soldi che la madre Maria Teresa gli mise a disposizione per commissionare a Piermarini la realizzazione di giardini speciali, realmente esistiti e ora in gran parte non più visibili nella loro veste originaria.

«Ferdinando amava la bella vita e le belle donne – ha ricordato Valeriana Maspero – era un uomo sontuoso e volle una villa come fosse un suo ritratto, ma era un buono e ha usato tanti soldi per fare qualcosa di buono che ora godono le famiglie di tanti monzesi a spasso nel parco».

Ferdinando un buono, dice l’autrice, e pure di buon gusto a giudicare dalla ricostruzione dei giardini che volle meravigliosi e curatissimi fin nei minimi dettagli: dal vaso di aranci e limoni, il suo fu il primo giardino di agrumi di Lombardia, allo zampillo delle fontane fino al roccolo per la caccia e ai tunnel di rose per far ombra alle dame a passeggio. Una bontà d’animo che Ferdinando deve aver ereditato dalla mamma che, così hanno ricostruito gli autori nel libro, pregava il figlio di far presto col giardino, in modo da renderlo subito godibile, senza indugiare sull’opulenza eccessiva e senza usare troppa acqua per le fontane, acqua che invece doveva essere lasciata ai contadini per le coltivazioni, come ha ricordato Giuliana Ricci.

Donna concreta Maria Teresa che però non fece i conti con il fratello di Ferdinando, Giuseppe II, che con Ferdinando ebbe una vertenza giuridica. Di questa diatriba esiste un documento scoperto da Ivano Galbiati a Modena, che gli ha permesso di ricostruire dettagli fondamentali della storia dei giardini, indagati nel capitolo del libro che non a caso Galbiati ha intitolato “Una questione di famiglia”. Giuseppe tolse infatti il denaro per la villa a Ferdinando che, probabilmente, non la prese bene, ma andò dritto per la sua strada.

A scriverla così, la vicenda dei giardini che furono sembra facile, ma tre anni di lavoro e 290 pagine di libro dicono il contrario e fanno lanciare a Tagliabue un’idea: coinvolgere la scuola di agraria della villa per far rinascere i giardini della frutta e dell’ortaglia.