L’inferno guidato dai dannati: la storia di Aldo Juretich dopo il Giorno del Ricordo

Il primo aprile la biblioteca di Triante a Monza sarà intitolata ad Aldo Juretich, sopravvissuto all’inferno di Goli Otok, l’isola calva in cui erano internati i dissidenti di Tito. La sua storia e quella della moglie Ada in un nuovo libro.
Aldo Juretich
Aldo Juretich

Quella storia di orrore «senza l’amore non sarebbe mai riemersa». Perché è stata Ada, la moglie di Aldo Juretich – racconta Umberto De Pace – a farlo parlare, a mettersi diligente ai tasti di una macchina per scrivere, i fogli bianchi a lato, pronta a redigere gli incubi di suo marito una volta per tutte. Incubi veri: quelli che lo facevano urlare di notte già nei primi anni di matrimonio e che rimanevano per lei inspiegabili, per lui un segreto non condivisibile. Una storia che non voleva la toccasse.

Alla fine lo ha fatto. Lui sulla poltrona della casa di Monza – un tremito ancora prima di parlare – lei a verbalizzare l’inferno tra i vivi da cui era passato quell’uomo colto, cortese che aveva sposato. L’arresto, le botte, le minacce in prigione, il rifiuto di diventare spia e delatore, poi la maledetta barca in cui erano stati stipati “come scarafaggi” e presi a bastonate fino allo sbarco sull’isola Calva, Goli Otok. Quello era l’inferno di cui un altro internato che era passato per prigioni, confino, campi di concentramento nazisti aveva detto “meglio un mese a Dachau che un’ora lì”.

La storia di Aldo e quella di Ada sono diventate il libro di Umberto De Pace “D’amore e orrore” che è stato presentato a Triante nei mesi scorsi nel percorso di avvicinamento all’intitolazione della biblioteca a Juretich. Per capire quella storia bisogna tornare al dopoguerra e allo strappo di Tito dal Cominform: la condanna di Stalin alla Jugoslavia e l’isolamento della neonata Repubblica socialista federale balcanica scatenarono sotto il regime di Tito la caccia alle streghe. Quelle streghe erano i non allineati a Tito, i cominformisti, quelli che continuavano a sostenere la linea internazionalista sovietica. Come Aldo Juretich. Una sera la polizia segreta titina suonò alla sua casa di Fiume: «Arrivo, ma fate piano, mia madre non sta bene» rispose loro. Sarebbe tornato più di due anni dopo. Ventidue mesi li trascorse a Goli Otok, un’isola brulla a largo della costa croata, oltre il canale della Morlacca, resa gelida d’inverno e torrida d’estate dalla bora e dalla bora marcia.

Un campo di rieducazione: l’unico scopo era diventare revidirci, ravveduti, che significava riabbracciare la scelta titina e soprattutto denunciare parenti, amici, ex compagni. Vuotare il sacco. E diventare gli aguzzini degli altri. Perché la redenzione passava da questo: l’orrore di Goli Otok era che i soprusi, le torture, le violenze quotidiane e sistematiche erano affidate agli stessi internati sui compagni di prigionia, su quelli che non si erano ancora pentiti e su quelli che non avevano intenzione di farlo. Bastonate, calci, sputi, botte per ogni errore, incluso trovarsi in mano rotto il manico della barella con cui erano costretti a portare macigni da mattina a sera su per le salite di sassi aguzzi. Buttati in baracche che non tengono la pioggia tra pidocchi e cimici e pulci, piagati e con una scodella di brodo e un tozzo di pane da mangiare. «Fui anche testimone di un caso tragico al di fuori di ogni possibilità e credibilità, è un fatto inverosimile, ma io l’ho visto, non sognato»: quello che aveva visto era il corpo di un uomo che si era suicidato piantandosi due chiodi nel cranio. Perché a Goli Otok si moriva per inedia, infezioni, botte, suicidio.

«Anni dopo Aldo disse così a un suo ex compagno di Goli Otok – racconta De Pace – “Siamo stati fortunati a essere incarcerati, perché la nostra parte non era meglio, se avessero vinto loro Goli Otok l’avremmo fatta noi. Non io, non tu” disse al suo amico Gino Kmet, “ma sarebbe successo”. Aldo Juretich ha saputo tradurre il suo dolore nella capacità di riconoscere il dolore degli altri, consapevole che l’odio e la violenza possono scoppiare in qualsiasi istante». Aldo è morto all’ospedale di Monza il 5 novembre del 2010: dal primo aprile con cerimonia alle 11 la biblioteca di Triante porterà il suo nome.

Prima di quel giorno ci sarà una nuova occasione per scoprire la sua figura: il 22 febbraio alle 20.30 sempre nella biblioteca di via Monte Amiata 60 una serata “attraverso ricordi, suoni e immagini con Ada Juretich e Umberto De Pace”.

D’amore e orrore. La storia d’amore
di Aldo e Ada oltre l’orrore di Goli Otok
Umberto De Pace
2016, Bellavite editore
148 pp, 12 euro