Mi ritorni in mente: Monza risorge nel Dopoguerra

Un calcio al pallone, il Calcio Monza e la rinascita dopo gli orrori della guerra. Tra proposte di cooperativa, stadio e la passione per il “fulbar”: ne scrive Mario Bonati in “Mi ritorni in mente”.
La prima pagina del Cittadino di Monza e Brianza nel 1944
La prima pagina del Cittadino di Monza e Brianza nel 1944

Monza salda i conti del passato con una sobrietà che mortifica il desiderio di vendetta. Al posto d’insensati bagni di sangue, la città si rimbocca le maniche con il puntiglio calvinista per il lavoro. La stessa passione civile smorza e smonta desideri di ritorsione e di rivalsa. Il senso di appartenenza ricuce ferite brucianti e livorosi rancori. Sgobboni accaniti e tenaci, i musciasch – passata l’immane buriana della guerra – s’industriano a tirare a lucido il blasone pur mo’ appannato. Anche la pratica agonistica partecipa alla rinascita dell’identità cittadina. A maggio del 1945, Rodolfo Crippa – commissario sportivo del Cnl – “nella Sede di Via Lecco ha ricevuto i rappresentanti delle seguenti Società Sportive: S. S. Dominante (Calcio) – Hockej Club – Tennis Club – A.C.M. – Pedale Monzese – Associazione Motociclista – Pugilato – C. A. I. A tutti ha raccomandato di svolgere una intesa azione sportiva onde far rinascere lo sport nelle sue varie manifestazioni nel nuovo clima di libertà e di democrazia, e, visto i verbali delle Assemblee di varie Società convocate per la nomina del Presidente e del Consiglio ha dato il benestare politico di tali nomine alle seguenti Associazioni: S. S. Dominante – Hockej Club – Tennis Club – Pedale Monzese – C. A. I. Per le altre Associazioni è in via di approvazione come sopra”.


LEGGI Mi ritorni in mente

Sopravvissuto al conflitto fratricida, il fulbar biancorosso riparte di slancio superando le incongrue mattane di Gaetano Ciceri. Negli avventurati anni Trenta, il padre padrone del calcio monzese sopprime la categoria dei soci adducendo – bontà sua – l’inutilità della carica: dopo di me il diluvio, commenta sferzante il caustico capataz. “Dopo una riunione, che chiameremo di presa di contatto o di chiarificazione, tenutasi mercoledì scorso, se n’è avuta una seconda mercoledì 6 corrente, nel salone dell’ex Seminario, per procedere all’iscrizione a socio ed acquisire così il diritto di voto per l’elezione del Consiglio direttivo. (…) Pochini invero i presenti, 38 in tutto, ma tutti con visi aperti, ilari, muoventesi in una atmosfera limpida e serena, fieri di poter ancora assaporare la gioia di essere liberi nell’esercitare il diritto di voto, da lungo tempi disavezzi per le imposizioni del debellato regime. La votazione è presto fatto; gli scrutatori annunziano un ballottaggio tra Fossati e Ponti. L’esito è favorevole al primo, che è quindi designato a completare il Consiglio direttivo, che risulta così composto: Giulio Vismara, Antonio Vismara, Eugenio Redaelli, Lino Camagni, Mario Casanova, Giuseppe Fossati, Luigi Meda, Sandro Hensemberger, Carlo Villa, Achille Valli, Carlo Radice. Votanti 38, schede nulle 5. Degli eletti sono presentati solamente Redaelli, Fossati, Valli e Radice. In aperto contrasto quindi con le norme generali d’ogni associazione, gli assenti, sono eletti senza avere prima sottoscritto l’adesione a socio che dà diritto alla eleggibilità. Compiti duri attendono il Consiglio, compiti che spaziano dal campo alla squadra, dal materiale di gioco alla sede, dallo statuto ai campionati, dall’allenatore alle squadre ragazzi, dalle finanze alla epurazione”.

Sistemate le questioni più pressanti, il neo-eletto organismo di rappresentanza solleva – a ragione – l’opportunità di abbandonare lo stadio di proprietà. Preda di saccheggi e devastazioni in serie, la struttura di via Ghilini sopravvive a se stessa senza un plausibile futuro. Tramontato da un pezzo i giorni grandi, gli assiti della tribunetta hanno preso – uno alla volta – la direzione delle stufe economiche dei monzesi indigenti, che sono la maggioranza. Peggio ancora tocca al terreno di gioco, ridotto ad un martoriato campo di sterpaglie. Sic transit gloria mundi, sospirano quanti – che sono tanti – hanno coscienza del fallimento di un’idea. La Società Anonima Cooperativa Campo Sportivo Monzese, nata “per volontà precipua di un appassionato ed instancabile animatore di cose sportive: Ermanno Fossati – annota l’articolista del Cittadino nel maggio del 1943 – è poi “tradotta poi in atto dall’allora presidente del Monza avv. Ulisse Cattaneo, coadiuvato dallo stesso Fossati e dal dottor Mario Rossi. Dopo il peregrinare dai boschetti reali a Triante, da qui al Vallone di via Lecco si era accasati alle Grazie vecchie. Lungo tempo stanno piantate le tende sulla proprietà Pennati quando si profila la necessità di sgombero o acquisto dovendo la proprietà stessa essere divisa in lotti. Il prezzo è proibitivo, è giocoforza rinunciare dopo ponderatissimo esame, il tempo stringe, affannosa ricerca a dritta e a manca, niente da fare, tutte le porte sono chiuse ai propugnatori del nuovo sport”.

Fossati lancia dunque la proposta della cooperativa. Le adesioni sono direttamente proporzionali delle sussiegose remore dei benestanti. “Nel ceto che può e dovrebbe appoggiare il movimento, salvo rarissime eccezioni si risponde “picche”. Il dado è però tratto e si deve arrivare a concludere a tra i soci della associazione si sottoscrive o si versa quel tanto che basta per acquisire il terreno. Il programma iniziale subisce poi delle modifiche, si vende qualche lotto della proprietà per… procacciare i soldi per gli impianti e la cinta (forse forse ancora non del tutto estinto l’onere) e finalmente il Monza dispone di un campo espressamente allestito per la sua attività”. Domenica 23 marzo 1923 un’amichevole contro il Gloria di Fiume sancisce l’inaugurazione del nuovo campo di gioco dell’A.C. Monza.

“Lo sfolgorante sole che dardeggiava sulla testa si oscura, fa luogo a un cielo plumbeo gravido d’acquazzone torrenziale, sul deserto rettangolo di gioco si schierano due squadre alternando una casacca bianco celeste ed una gialla con fascia nera, in tribuna, nuova di trinca, una selva di bandiere fanno corona a un bianco velo che copre un nuovo drappo simbolo di passione fervente, squillano note marziali dagli ottoni del corpo musica Umberto I, la signorina Sina di porta sotto la porta di gioco, un netto colpo infrange sul montante la tradizionale bottiglia di spumante, il campo di gioco si sfolla degli ufficiali, restano di fronte due squadre, Monza e Gloria di Fiume – per la partita inaugurale”. Poi, dopo il match, “ai rappresentanti di Fiume italiana, riuniti a lieto simposio nei saloni dell’albergo dell’Angelo”, la giunta comunale riserva – dopo “ricevimento al Palazzo Civico” – la sorpresa di una “serata di gala al teatro Ponti con la Carmen”.

Lo stadio è costato la bellezza di 60mila lire: una pazzia, considerando lo scarsissimo seguito per la squadra. “Attorno a quella bella Cooperativa (a detta del rag. Daelli una delle pochissime attive) si sono scagliati attacchi frontali e subdoli, ma gli attaccanti si sono ben guardati di portare un anche lieve contributo per risolvere l’assillo delle pene finanziarie, pene che come acciacchi inguaribili si sono appiccicate all’ente e lo accompagnarono nel cammino e lo accompagnano tutt’ora – si accalora invano, nel maggio del ’40, l’anonimo articolista del Cittadino – Ecco là il tribuna che richiede pronto intervento per ospitare il pubblico e per la sicurezza di questo, ecco la cinta che presenta una larga falla ed ha… bisogno di capomastro, vedi la rete di cinta, ha ferite da tutti i lati che domanda pressante un restauratore, quei gradini dei posti popolari, senza copertura per le intemperie, presentano certi “sbreghi” che… levati. Urge… urge… provvedere! Possibile, scriveva un foglio poco tempo fa, lasciare il campo così fa pena !!! Sottoscrivo, ma siccome la anonima non dispone di mezzi, si faccia opera fattiva per procacciarne e effettuare le più urgenti riparazioni. Il campo è ancora in condizioni inospitali ed in simili condizioni non si può giocare un campionato. E perché? Ma, come si può rispondere a tali interrogativi? Cosa si può dire di una squadra che a meno di quindici giorni dall’inizio delle gare ufficiali non è ancora scesa in campo a cominciare gli allenamenti? E quando si nota all’intorno – parliamo delle consorelle limitrofe – una volontà di lavoro, un desiderio di ben figurare che strappa l’ammirazione!”.

L’affondo vorrebbe mettere la città di fronte alle sue responsabilità, troppo spesso disattese. I risultati sono più che frustranti. “E proprio Monza deve sempre essere sull’altalena dell’incertezza, ogni qual volta la competizione annuale bussa alle porte? Proprio Monza che è la città più vasta tra le concorrenti del proprio girone, dev’essere quella che più delle altre nuota in acque procellose che da un momento all’altra possono anche sommergerla? Proprio Monza che, fra le concorrenti, ci sembra, ed è, l’unica che può vivere sul pubblico – sempre avendo una squadra degna di tal nome, s’intende – deve in questo momento non avere sotto la propria bandiera uno squadrone tipo, degno della città? Se non fosse vero, sembrerebbe impossibile. E le cause? Direte. A nostro avviso tutto si riduce ad un solo indice: al campo. Fino al giorno – e già l’abbiamo detto – in cui l’A. C. Monza non avrà un campo sportivo, non potrà neanche avere una squadra. Non si tratta d’uno Stadio tipo Seregno o Como; ma che almeno quello esistente, in mancanza di altro, venga rimodernato e messo in buona efficienza. Col campo in buon ordine, con una tribuna che dia affidamento sarà più facile avere la direzione, e questa, liberata dalla preoccupazione di possibili incidenti, avrà maggior agio e dedicherà migliori cure alla squadra. Vi è poi il problema della rete di recinzione del terreno di gioco: Le disposizioni federali all’uopo sono tassative ed inesorabili, e da questo lato non sono ammesse rettifiche e scivolate. E queste sono spese che nessun privato può sostenere, a meno che spunti un sosia del comm. Trabattoni di Seregno. Ma il Comune, sì: il Comune deve por mani al problema del campo sportivo. Si è fatto molto per il campo di pattinaggio; si è già fatto parecchio per tute le altre branchie sportive, e perché non per il calcio? Non è questo la sport delle masse? Non merita il vecchio Monza uno spintone forte per mantenerlo in vita?”.

L’appello rimane inascoltato. Martedì 8 maggio ‘45, la Società anonima cooperativa Campo Sportivo Monzese indice la convocazione di assemblea: “Essendo andata deserta l’assemblea precedentemente convocata, i soci sono convocati in assemblea generale ordinaria di seconda convocazione e straordinaria di prima convocazione per il giorno 14 giugno p. v., alle ore 16, presso il rag. Giuseppe Daelli in Monza, via De Amicis 6, per deliberare sul seguente ordine del giorno: Parte ordinaria – 1) approvazione dei Bilanci al 30-6-1943 e 30-6-1944; 2) Nomina degli Amministratori; 3) Nomine dei Sindaci. Parte straordinaria – 1) Proroga della durate della società o scioglimento e messa in liquidazione e nomina di uno o più di liquidatori. Andando deserta l’assemblea, questa si intenderà riconvocata per il giorno successivo, stessa ora, luogo ed ordine del giorno”.

Il destino dello stadiolo di via Ghilini è segnato. “Il C. D. dell’Associazione Calcio Monza, appena insediata, ha affrontato i diversi problemi inerenti alla futura attività. Due dei più assillanti: squadra e campo, sono già brillantemente risolti. Del primo, particolare cura di Villa, il conosciuto “biondin” dei bei tempi, parleremo a suo tempo e ciò per non intralciare con anticipazioni il lavoro dei preposti. Diremo solo se il lavoro è a buon punto, che la squadra primogenita sarà varata su nominativi che danno affidamento di ottimo rendimento e sicuro comportamento nella difesa dei colori sociali.

Il secondo – campo – è risolto in modo addirittura brillante. Sono a tutti note le misere condizioni del terreno di via Ghilini, ove i vandali hanno completato le ingiurie del tempo e dell’abbandono del periodo di guerra: cinta pericolante, rete asportata, porte divelte e tribuna smantellata, hanno indotto il C. D. del Monza a cercare un altro teatro per le competizioni calcistiche, poiché, a conti fatti, il ripristino del vecchio si presentava troppo oneroso e senza risolvere il problema dei servizi (acqua, spogliatoi, biglietteria). Una convenzione di questi giorni dota l’Associazione di un ammirevole e centrale terreno: la convenzione stipulata tra i solerti dirigenti del calcio e il sindaco Citterio, mette a disposizione dello sport il campo della ex Gil. Più che ottima la soluzione, e, mentre c’è da congratularsi coi negoziatori, ci corre l’obbligo, da queste colonne, di porgere il vivo grazie di tutti gli sportivi al sindaco compagno Citterio.

Se la convenzione pone a disposizione un insperato terreno per lo sport che più appassiona le masse, è per vero che la stessa convenzione affaccia un ponderoso problema per l’adattamento. Il C. D. dell’A. C. Monza è già all’opera per raccogliere i fondi necessari e siamo certi che non verrà a mancare al sodalizio l’apporto largo dei nostri industriali, commercianti, abbienti e tutti gli sportivi, sia per la gioia di dare spontaneamente per la sistemazione di località per cui si dovettero versare larghe somme di modo coercitivo, sia, soprattutto, per concorrere a ribattezzare nel nome dello sport un campo che non risuonerà più dei talloni speronati dei vari gerarchi e gerarchetti o di comandi militari, ma echeggerà per l’innanzi delle gioiose grida delle masse che allo sport chiedono il sano svago all’aperto, atto a ritemprare i muscoli dopo i lavori settimanali”.

Radice. Votanti 38, schede nulle 5. Degli eletti sono presentati solamente Redaelli, Fossati, Valli e Radice. In aperto contrasto quindi con le norme generali d’ogni associazione, gli assenti, sono eletti senza avere prima sottoscritto l’adesione a socio che dà diritto alla eleggibilità. Compiti duri attendono il Consiglio, compiti che spaziano dal campo alla squadra, dal materiale di gioco alla sede, dallo statuto ai campionati, dall’allenatore alle squadre ragazzi, dalle finanze alla epurazione”.

Sistemate le questioni più pressanti, il neo-eletto organismo di rappresentanza solleva – a ragione – l’opportunità di abbandonare lo stadio di proprietà. Preda di saccheggi e devastazioni in serie, la struttura di via Ghilini sopravvive a se stessa senza un plausibile futuro. Tramontato da un pezzo i giorni grandi, gli assiti della tribunetta hanno preso – uno alla volta – la direzione delle stufe economiche dei monzesi indigenti, che sono la maggioranza. Peggio ancora tocca al terreno di gioco, ridotto ad un martoriato campo di sterpaglie. Sic transit gloria mundi, sospirano quanti – che sono tanti – hanno coscienza del fallimento di un’idea. La Società Anonima Cooperativa Campo Sportivo Monzese, nata “per volontà precipua di un appassionato ed instancabile animatore di cose sportive: Ermanno Fossati – annota l’articolista del Cittadino nel maggio del 1943 – è poi “tradotta poi in atto dall’allora presidente del Monza avv. Ulisse Cattaneo, coadiuvato dallo stesso Fossati e dal dottor Mario Rossi. Dopo il peregrinare dai boschetti reali a Triante, da qui al Vallone di via Lecco si era accasati alle Grazie vecchie. Lungo tempo stanno piantate le tende sulla proprietà Pennati quando si profila la necessità di sgombero o acquisto dovendo la proprietà stessa essere divisa in lotti. Il prezzo è proibitivo, è giocoforza rinunciare dopo ponderatissimo esame, il tempo stringe, affannosa ricerca a dritta e a manca, niente da fare, tutte le porte sono chiuse ai propugnatori del nuovo sport”.

Fossati lancia dunque la proposta della cooperativa. Le adesioni sono direttamente proporzionali delle sussiegose remore dei benestanti. “Nel ceto che può e dovrebbe appoggiare il movimento, salvo rarissime eccezioni si risponde “picche”. Il dado è però tratto e si deve arrivare a concludere a tra i soci della associazione si sottoscrive o si versa quel tanto che basta per acquisire il terreno. Il programma iniziale subisce poi delle modifiche, si vende qualche lotto della proprietà per… procacciare i soldi per gli impianti e la cinta (forse forse ancora non del tutto estinto l’onere) e finalmente il Monza dispone di un campo espressamente allestito per la sua attività”. Domenica 23 marzo 1923 un’amichevole contro il Gloria di Fiume sancisce l’inaugurazione del nuovo campo di gioco dell’A.C. Monza.

“Lo sfolgorante sole che dardeggiava sulla testa si oscura, fa luogo a un cielo plumbeo gravido d’acquazzone torrenziale, sul deserto rettangolo di gioco si schierano due squadre alternando una casacca bianco celeste ed una gialla con fascia nera, in tribuna, nuova di trinca, una selva di bandiere fanno corona a un bianco velo che copre un nuovo drappo simbolo di passione fervente, squillano note marziali dagli ottoni del corpo musica Umberto I, la signorina Sina di porta sotto la porta di gioco, un netto colpo infrange sul montante la tradizionale bottiglia di spumante, il campo di gioco si sfolla degli ufficiali, restano di fronte due squadre, Monza e Gloria di Fiume – per la partita inaugurale”. Poi, dopo il match, “ai rappresentanti di Fiume italiana, riuniti a lieto simposio nei saloni dell’albergo dell’Angelo”, la giunta comunale riserva – dopo “ricevimento al Palazzo Civico” – la sorpresa di una “serata di gala al teatro Ponti con la Carmen”.

Lo stadio è costato la bellezza di 60mila lire: una pazzia, considerando lo scarsissimo seguito per la squadra. “Attorno a quella bella Cooperativa (a detta del rag. Daelli una delle pochissime attive) si sono scagliati attacchi frontali e subdoli, ma gli attaccanti si sono ben guardati di portare un anche lieve contributo per risolvere l’assillo delle pene finanziarie, pene che come acciacchi inguaribili si sono appiccicate all’ente e lo accompagnarono nel cammino e lo accompagnano tutt’ora – si accalora invano, nel maggio del ’40, l’anonimo articolista del Cittadino – Ecco là il tribuna che richiede pronto intervento per ospitare il pubblico e per la sicurezza di questo, ecco la cinta che presenta una larga falla ed ha… bisogno di capomastro, vedi la rete di cinta, ha ferite da tutti i lati che domanda pressante un restauratore, quei gradini dei posti popolari, senza copertura per le intemperie, presentano certi “sbreghi” che… levati. Urge… urge… provvedere! Possibile, scriveva un foglio poco tempo fa, lasciare il campo così fa pena !!! Sottoscrivo, ma siccome la anonima non dispone di mezzi, si faccia opera fattiva per procacciarne e effettuare le più urgenti riparazioni. Il campo è ancora in condizioni inospitali ed in simili condizioni non si può giocare un campionato. E perché? Ma, come si può rispondere a tali interrogativi? Cosa si può dire di una squadra che a meno di quindici giorni dall’inizio delle gare ufficiali non è ancora scesa in campo a cominciare gli allenamenti? E quando si nota all’intorno – parliamo delle consorelle limitrofe – una volontà di lavoro, un desiderio di ben figurare che strappa l’ammirazione!”.

L’affondo vorrebbe mettere la città di fronte alle sue responsabilità, troppo spesso disattese. I risultati sono più che frustranti. “E proprio Monza deve sempre essere sull’altalena dell’incertezza, ogni qual volta la competizione annuale bussa alle porte? Proprio Monza che è la città più vasta tra le concorrenti del proprio girone, dev’essere quella che più delle altre nuota in acque procellose che da un momento all’altra possono anche sommergerla? Proprio Monza che, fra le concorrenti, ci sembra, ed è, l’unica che può vivere sul pubblico – sempre avendo una squadra degna di tal nome, s’intende – deve in questo momento non avere sotto la propria bandiera uno squadrone tipo, degno della città? Se non fosse vero, sembrerebbe impossibile. E le cause? Direte. A nostro avviso tutto si riduce ad un solo indice: al campo. Fino al giorno – e già l’abbiamo detto – in cui l’A. C. Monza non avrà un campo sportivo, non potrà neanche avere una squadra. Non si tratta d’uno Stadio tipo Seregno o Como; ma che almeno quello esistente, in mancanza di altro, venga rimodernato e messo in buona efficienza. Col campo in buon ordine, con una tribuna che dia affidamento sarà più facile avere la direzione, e questa, liberata dalla preoccupazione di possibili incidenti, avrà maggior agio e dedicherà migliori cure alla squadra. Vi è poi il problema della rete di recinzione del terreno di gioco: Le disposizioni federali all’uopo sono tassative ed inesorabili, e da questo lato non sono ammesse rettifiche e scivolate. E queste sono spese che nessun privato può sostenere, a meno che spunti un sosia del comm. Trabattoni di Seregno. Ma il Comune, sì: il Comune deve por mani al problema del campo sportivo. Si è fatto molto per il campo di pattinaggio; si è già fatto parecchio per tute le altre branchie sportive, e perché non per il calcio? Non è questo la sport delle masse? Non merita il vecchio Monza uno spintone forte per mantenerlo in vita?”.

L’appello rimane inascoltato. Martedì 8 maggio ‘45, la Società anonima cooperativa Campo Sportivo Monzese indice la convocazione di assemblea: “Essendo andata deserta l’assemblea precedentemente convocata, i soci sono convocati in assemblea generale ordinaria di seconda convocazione e straordinaria di prima convocazione per il giorno 14 giugno p. v., alle ore 16, presso il rag. Giuseppe Daelli in Monza, via De Amicis 6, per deliberare sul seguente ordine del giorno: Parte ordinaria – 1) approvazione dei Bilanci al 30-6-1943 e 30-6-1944; 2) Nomina degli Amministratori; 3) Nomine dei Sindaci. Parte straordinaria – 1) Proroga della durate della società o scioglimento e messa in liquidazione e nomina di uno o più di liquidatori. Andando deserta l’assemblea, questa si intenderà riconvocata per il giorno successivo, stessa ora, luogo ed ordine del giorno”.

Il destino dello stadiolo di via Ghilini è segnato. “Il C. D. dell’Associazione Calcio Monza, appena insediata, ha affrontato i diversi problemi inerenti alla futura attività. Due dei più assillanti: squadra e campo, sono già brillantemente risolti. Del primo, particolare cura di Villa, il conosciuto “biondin” dei bei tempi, parleremo a suo tempo e ciò per non intralciare con anticipazioni il lavoro dei preposti. Diremo solo se il lavoro è a buon punto, che la squadra primogenita sarà varata su nominativi che danno affidamento di ottimo rendimento e sicuro comportamento nella difesa dei colori sociali.

Il secondo – campo – è risolto in modo addirittura brillante. Sono a tutti note le misere condizioni del terreno di via Ghilini, ove i vandali hanno completato le ingiurie del tempo e dell’abbandono del periodo di guerra: cinta pericolante, rete asportata, porte divelte e tribuna smantellata, hanno indotto il C. D. del Monza a cercare un altro teatro per le competizioni calcistiche, poiché, a conti fatti, il ripristino del vecchio si presentava troppo oneroso e senza risolvere il problema dei servizi (acqua, spogliatoi, biglietteria). Una convenzione di questi giorni dota l’Associazione di un ammirevole e centrale terreno: la convenzione stipulata tra i solerti dirigenti del calcio e il sindaco Citterio, mette a disposizione dello sport il campo della ex Gil. Più che ottima la soluzione, e, mentre c’è da congratularsi coi negoziatori, ci corre l’obbligo, da queste colonne, di porgere il vivo grazie di tutti gli sportivi al sindaco compagno Citterio.

Se la convenzione pone a disposizione un insperato terreno per lo sport che più appassiona le masse, è per vero che la stessa convenzione affaccia un ponderoso problema per l’adattamento. Il C. D. dell’A. C. Monza è già all’opera per raccogliere i fondi necessari e siamo certi che non verrà a mancare al sodalizio l’apporto largo dei nostri industriali, commercianti, abbienti e tutti gli sportivi, sia per la gioia di dare spontaneamente per la sistemazione di località per cui si dovettero versare larghe somme di modo coercitivo, sia, soprattutto, per concorrere a ribattezzare nel nome dello sport un campo che non risuonerà più dei talloni speronati dei vari gerarchi e gerarchetti o di comandi militari, ma echeggerà per l’innanzi delle gioiose grida delle masse che allo sport chiedono il sano svago all’aperto, atto a ritemprare i muscoli dopo i lavori settimanali”.

38, schede nulle 5. Degli eletti sono presentati solamente Redaelli, Fossati, Valli e Radice. In aperto contrasto quindi con le norme generali d’ogni associazione, gli assenti, sono eletti senza avere prima sottoscritto l’adesione a socio che dà diritto alla eleggibilità. Compiti duri attendono il Consiglio, compiti che spaziano dal campo alla squadra, dal materiale di gioco alla sede, dallo statuto ai campionati, dall’allenatore alle squadre ragazzi, dalle finanze alla epurazione”.

Sistemate le questioni più pressanti, il neo-eletto organismo di rappresentanza solleva – a ragione – l’opportunità di abbandonare lo stadio di proprietà. Preda di saccheggi e devastazioni in serie, la struttura di via Ghilini sopravvive a se stessa senza un plausibile futuro. Tramontato da un pezzo i giorni grandi, gli assiti della tribunetta hanno preso – uno alla volta – la direzione delle stufe economiche dei monzesi indigenti, che sono la maggioranza. Peggio ancora tocca al terreno di gioco, ridotto ad un martoriato campo di sterpaglie. Sic transit gloria mundi, sospirano quanti – che sono tanti – hanno coscienza del fallimento di un’idea. La Società Anonima Cooperativa Campo Sportivo Monzese, nata “per volontà precipua di un appassionato ed instancabile animatore di cose sportive: Ermanno Fossati – annota l’articolista del Cittadino nel maggio del 1943 – è poi “tradotta poi in atto dall’allora presidente del Monza avv. Ulisse Cattaneo, coadiuvato dallo stesso Fossati e dal dottor Mario Rossi. Dopo il peregrinare dai boschetti reali a Triante, da qui al Vallone di via Lecco si era accasati alle Grazie vecchie. Lungo tempo stanno piantate le tende sulla proprietà Pennati quando si profila la necessità di sgombero o acquisto dovendo la proprietà stessa essere divisa in lotti. Il prezzo è proibitivo, è giocoforza rinunciare dopo ponderatissimo esame, il tempo stringe, affannosa ricerca a dritta e a manca, niente da fare, tutte le porte sono chiuse ai propugnatori del nuovo sport”.

Fossati lancia dunque la proposta della cooperativa. Le adesioni sono direttamente proporzionali delle sussiegose remore dei benestanti. “Nel ceto che può e dovrebbe appoggiare il movimento, salvo rarissime eccezioni si risponde “picche”. Il dado è però tratto e si deve arrivare a concludere a tra i soci della associazione si sottoscrive o si versa quel tanto che basta per acquisire il terreno. Il programma iniziale subisce poi delle modifiche, si vende qualche lotto della proprietà per… procacciare i soldi per gli impianti e la cinta (forse forse ancora non del tutto estinto l’onere) e finalmente il Monza dispone di un campo espressamente allestito per la sua attività”. Domenica 23 marzo 1923 un’amichevole contro il Gloria di Fiume sancisce l’inaugurazione del nuovo campo di gioco dell’A.C. Monza.

“Lo sfolgorante sole che dardeggiava sulla testa si oscura, fa luogo a un cielo plumbeo gravido d’acquazzone torrenziale, sul deserto rettangolo di gioco si schierano due squadre alternando una casacca bianco celeste ed una gialla con fascia nera, in tribuna, nuova di trinca, una selva di bandiere fanno corona a un bianco velo che copre un nuovo drappo simbolo di passione fervente, squillano note marziali dagli ottoni del corpo musica Umberto I, la signorina Sina di porta sotto la porta di gioco, un netto colpo infrange sul montante la tradizionale bottiglia di spumante, il campo di gioco si sfolla degli ufficiali, restano di fronte due squadre, Monza e Gloria di Fiume – per la partita inaugurale”. Poi, dopo il match, “ai rappresentanti di Fiume italiana, riuniti a lieto simposio nei saloni dell’albergo dell’Angelo”, la giunta comunale riserva – dopo “ricevimento al Palazzo Civico” – la sorpresa di una “serata di gala al teatro Ponti con la Carmen”.

Lo stadio è costato la bellezza di 60mila lire: una pazzia, considerando lo scarsissimo seguito per la squadra. “Attorno a quella bella Cooperativa (a detta del rag. Daelli una delle pochissime attive) si sono scagliati attacchi frontali e subdoli, ma gli attaccanti si sono ben guardati di portare un anche lieve contributo per risolvere l’assillo delle pene finanziarie, pene che come acciacchi inguaribili si sono appiccicate all’ente e lo accompagnarono nel cammino e lo accompagnano tutt’ora – si accalora invano, nel maggio del ’40, l’anonimo articolista del Cittadino – Ecco là il tribuna che richiede pronto intervento per ospitare il pubblico e per la sicurezza di questo, ecco la cinta che presenta una larga falla ed ha… bisogno di capomastro, vedi la rete di cinta, ha ferite da tutti i lati che domanda pressante un restauratore, quei gradini dei posti popolari, senza copertura per le intemperie, presentano certi “sbreghi” che… levati. Urge… urge… provvedere! Possibile, scriveva un foglio poco tempo fa, lasciare il campo così fa pena !!! Sottoscrivo, ma siccome la anonima non dispone di mezzi, si faccia opera fattiva per procacciarne e effettuare le più urgenti riparazioni. Il campo è ancora in condizioni inospitali ed in simili condizioni non si può giocare un campionato. E perché? Ma, come si può rispondere a tali interrogativi? Cosa si può dire di una squadra che a meno di quindici giorni dall’inizio delle gare ufficiali non è ancora scesa in campo a cominciare gli allenamenti? E quando si nota all’intorno – parliamo delle consorelle limitrofe – una volontà di lavoro, un desiderio di ben figurare che strappa l’ammirazione!”.

L’affondo vorrebbe mettere la città di fronte alle sue responsabilità, troppo spesso disattese. I risultati sono più che frustranti. “E proprio Monza deve sempre essere sull’altalena dell’incertezza, ogni qual volta la competizione annuale bussa alle porte? Proprio Monza che è la città più vasta tra le concorrenti del proprio girone, dev’essere quella che più delle altre nuota in acque procellose che da un momento all’altra possono anche sommergerla? Proprio Monza che, fra le concorrenti, ci sembra, ed è, l’unica che può vivere sul pubblico – sempre avendo una squadra degna di tal nome, s’intende – deve in questo momento non avere sotto la propria bandiera uno squadrone tipo, degno della città? Se non fosse vero, sembrerebbe impossibile. E le cause? Direte. A nostro avviso tutto si riduce ad un solo indice: al campo. Fino al giorno – e già l’abbiamo detto – in cui l’A. C. Monza non avrà un campo sportivo, non potrà neanche avere una squadra. Non si tratta d’uno Stadio tipo Seregno o Como; ma che almeno quello esistente, in mancanza di altro, venga rimodernato e messo in buona efficienza. Col campo in buon ordine, con una tribuna che dia affidamento sarà più facile avere la direzione, e questa, liberata dalla preoccupazione di possibili incidenti, avrà maggior agio e dedicherà migliori cure alla squadra. Vi è poi il problema della rete di recinzione del terreno di gioco: Le disposizioni federali all’uopo sono tassative ed inesorabili, e da questo lato non sono ammesse rettifiche e scivolate. E queste sono spese che nessun privato può sostenere, a meno che spunti un sosia del comm. Trabattoni di Seregno. Ma il Comune, sì: il Comune deve por mani al problema del campo sportivo. Si è fatto molto per il campo di pattinaggio; si è già fatto parecchio per tute le altre branchie sportive, e perché non per il calcio? Non è questo la sport delle masse? Non merita il vecchio Monza uno spintone forte per mantenerlo in vita?”.

L’appello rimane inascoltato. Martedì 8 maggio ‘45, la Società anonima cooperativa Campo Sportivo Monzese indice la convocazione di assemblea: “Essendo andata deserta l’assemblea precedentemente convocata, i soci sono convocati in assemblea generale ordinaria di seconda convocazione e straordinaria di prima convocazione per il giorno 14 giugno p. v., alle ore 16, presso il rag. Giuseppe Daelli in Monza, via De Amicis 6, per deliberare sul seguente ordine del giorno: Parte ordinaria – 1) approvazione dei Bilanci al 30-6-1943 e 30-6-1944; 2) Nomina degli Amministratori; 3) Nomine dei Sindaci. Parte straordinaria – 1) Proroga della durate della società o scioglimento e messa in liquidazione e nomina di uno o più di liquidatori. Andando deserta l’assemblea, questa si intenderà riconvocata per il giorno successivo, stessa ora, luogo ed ordine del giorno”.

Il destino dello stadiolo di via Ghilini è segnato. “Il C. D. dell’Associazione Calcio Monza, appena insediata, ha affrontato i diversi problemi inerenti alla futura attività. Due dei più assillanti: squadra e campo, sono già brillantemente risolti. Del primo, particolare cura di Villa, il conosciuto “biondin” dei bei tempi, parleremo a suo tempo e ciò per non intralciare con anticipazioni il lavoro dei preposti. Diremo solo se il lavoro è a buon punto, che la squadra primogenita sarà varata su nominativi che danno affidamento di ottimo rendimento e sicuro comportamento nella difesa dei colori sociali.

Il secondo – campo – è risolto in modo addirittura brillante. Sono a tutti note le misere condizioni del terreno di via Ghilini, ove i vandali hanno completato le ingiurie del tempo e dell’abbandono del periodo di guerra: cinta pericolante, rete asportata, porte divelte e tribuna smantellata, hanno indotto il C. D. del Monza a cercare un altro teatro per le competizioni calcistiche, poiché, a conti fatti, il ripristino del vecchio si presentava troppo oneroso e senza risolvere il problema dei servizi (acqua, spogliatoi, biglietteria). Una convenzione di questi giorni dota l’Associazione di un ammirevole e centrale terreno: la convenzione stipulata tra i solerti dirigenti del calcio e il sindaco Citterio, mette a disposizione dello sport il campo della ex Gil. Più che ottima la soluzione, e, mentre c’è da congratularsi coi negoziatori, ci corre l’obbligo, da queste colonne, di porgere il vivo grazie di tutti gli sportivi al sindaco compagno Citterio.

Se la convenzione pone a disposizione un insperato terreno per lo sport che più appassiona le masse, è per vero che la stessa convenzione affaccia un ponderoso problema per l’adattamento. Il C. D. dell’A. C. Monza è già all’opera per raccogliere i fondi necessari e siamo certi che non verrà a mancare al sodalizio l’apporto largo dei nostri industriali, commercianti, abbienti e tutti gli sportivi, sia per la gioia di dare spontaneamente per la sistemazione di località per cui si dovettero versare larghe somme di modo coercitivo, sia, soprattutto, per concorrere a ribattezzare nel nome dello sport un campo che non risuonerà più dei talloni speronati dei vari gerarchi e gerarchetti o di comandi militari, ma echeggerà per l’innanzi delle gioiose grida delle masse che allo sport chiedono il sano svago all’aperto, atto a ritemprare i muscoli dopo i lavori settimanali”.