Autodromo di Monza, la perizia: «Le sopraelevate hanno un futuro»

Un’accurata relazione tecnica per dire che sì, le storiche curve sopraelevate dell’autodromo di Monza possono essere recuperate. La firma è di Ambrogio Daelli, 86 anni: «Incontrerò Renzo Piano: serve rilanciarle e garantire loro un nuovo sviluppo».
Ambrogio Daelli
Ambrogio Daelli Stefano Arosio

Una relazione tecnica peritale, fatta di valutazione di materiali, comparazioni ingegneristiche, studio dei materiali. Per dire che nel futuro delle sopralevate dell’autodromo di Monza il recupero è possibile. Una certificazione scientifica, amalgamata però da un amore che nasce da lontano. «Sono l’unico vivente tra chi ha avuto l’onore di aver lavorato al loro recupero, accanto a Giuseppe Bacciagaluppi. Il mio è un impegno tecnico, ma anche affettivo».

Ambrogio Daelli ha 86 anni e ancor più sogni, che sugli storici curvoni dell’autodromo corrono veloci. Lo riportano a quando, giovane geometra monzese, lavorò al recupero delle strutture.

Ha realizzato un faldone di centinaia di pagine di relazione tecnica: qual è il risultato?
Che le sopraelevate hanno un futuro. E con esse l’autodromo. Tutto quel che potrà essere definito da un punto di vista politico, economico o industriale è un discorso che non interessa. Lo scopo principale di questa relazione era stabilire un punto fermo: la perizia dice che c’è possibilità di recupero.

Quanto tempo ha impiegato per portare a compimento un lavoro così dettagliato?
Fra sopralluoghi, rilievi, contatti con tecnici specialistici, ho impiegato quasi 7 mesi . Più il tempo necessario di redigere i risultati .

Ma anche impegno economico personale?
C’è stato impegno di tempo, di energie. Tradotto anche in un modesto importo economico. Ma molto inferiore alla volontà di rispondere a una necessità che è anche di cuore.

Com’è nato questo lavoro?
Conoscendo i miei trascorsi professionali, da più parti mi sono arrivati input per realizzare una valutazione approfondita. C’era bisogno di fare accertamenti, indicare le opere necessarie per ripristinare l’opera. Sono stati tutti incarichi verbali, che io ho assunto volontariamente. Ora il risultato di questo lavoro sarà a disposizione di Sias e Comune di Monza, per poter essere valutato.

Lei scinde l’aspetto tecnico da quello politico: la possibilità che le sopraelevate possano essere recuperate dal fatto che debbano esserlo.
La Soprintendenza dei Beni culturali nel 2003 scrisse all’architetto Michele Faglia dicendo che le sopraelevate producono ancora interesse, nonostante il loro stato di conservazione, per le caratteristiche costruttive. E possono continuare a produrlo.

E a chi dice che dovrebbero essere abbattute?
Quelle curve rappresentano una realtà culturale e l’uomo ha in sé la volontà di capire. Capire è cultura e capire le sopralevate è capire la storia dell’autodromo. E credo sia importante capire, per poter valutare. Non farlo è un male per l’intera società. A mio modesto parere, chi non è convinto dalla necessità di recupero, forse non conosce a fondo tutti gli aspetti.

Ma cosa comporta, da un punto di vista pratico, il recupero?
Lo scopo della relazione era certificarne la possibilità. Certo, il passo successivo è capire come. Ho sentito diversi privati interessati a poter concorrere. Un esempio su tutti: quello di Mapei, che ha già lavorato all’impermeabilizzazione di alcune tribune. Ma una disponibilità di massima l’ho colta anche in altre realtà del territorio. Ecco: capire che c’è una strada da poter percorrere è qualcosa che credo sia molto importante.

Lei ci tiene a precisare che il suo compito è stato prettamente tecnico. Ma, potesse farlo: che consiglio darebbe a Sias?
Di portate la città dentro al suo autodromo. Le sopraelevate possono essere un museo. Credo che la cosa importante sia portarci la gente, invitarla a percorrerle, a toccarle. Facendo dell’autodromo un impianto polifunzionale e polisportivo.

Magari cominciando da un’occasione importante come il prossimo Giro d’Italia, con tappa finale da Monza?
Esattamente. Ma penso anche al Festival dello Sport, alle varie marce podistiche, al rally e a tutte le attività che dicono che l’autodromo non è solo il Gp. È uno spazio che deve essere abitato dalle famiglie con i bambini e servono iniziative che facciano della vita dell’autodromo una parte importante della vita della città.

La sua è una battaglia che conduce da anni. Chi dovrebbe avere la responsabilità morale di affiancarla, in questo percorso?
Le associazioni sportive tutte. E anche la politica può dare un grande impulso per creare adesioni e sponsorizzazioni. Personalmente, mi incontrerò a Genova con l’architetto Renzo Piano. Critici d’arte e operatori culturali possono dare qualità e indicare la via per rendere quanto più idonee queste strutture. E garantire loro un futuro.