Un invito al Fashion revolution day A Monza un’altra moda è possibile

Il 24 aprile, in piazza Trento e Trieste a Monza, il “Fashion revolution day”, per dimostrare che un’altra moda non è solo possibile ma soprattutto necessaria per evitare tragedie come quella di un anno fa di Rana Plaza, in cui morirono 1.133 lavoratori del tessile. “Villaggio Globale”e altre associazioni invitano a condividere la campagna internazionale.
L’invito a chiedersi: «Chi ha fatto ciò che indosso?»
L’invito a chiedersi: «Chi ha fatto ciò che indosso?»

Sono trame di storie, e di tessuti, che spesso non si conoscono. Perché tutto si indossa e nulla si sa. Quelle trame saranno il filo conduttore che unirà molti, il 24 aprile, in piazza Trento e Trieste e dintorni, nella mobilitazione “Fashion revolution day” a un anno esatto dal crollo del complesso produttivo tessile di Rana Plaza, in Bangladesh, in cui morirono 1.133 persone. Una tragedia del sommerso, partita anche dall’Italia, da quella catena produttiva della moda che porta persino i grandi marchi a utilizzare manodopera a bassissimo costo, dall’Asia al nord Africa, dall’America Latina ai paesi dell’Est.

Dimostrare che un’altra moda non è solo possibile ma soprattutto necessaria per evitare altri simili tragedie è tra le finalità di “Villaggio Globale” che condivide la campagna internazionale promossa in Italia da altro mercato (appuntamento giovedì 24 aprile, alle 10, sulle scale del municipio). La bottega del commercio equo e solidale di via Zucchi pone una domanda semplice: “Chi ha fatto i vestiti che indossi?”. Difficile dirlo: le etichette parlano, ma spesso dicono solo ciò che vogliono. Ancor di più sono le stesse persone che indossano capi senza interrogarsi sull’origine dei vestiti. Il Fashion revolution day sarà così occasione per ricordare le vittime di Rana Plaza ma anche per promuovere una maggiore consapevolezza di tutto quello che c’è dietro gli abiti che indossiamo: dalle condizioni dei lavoratori all’impatto di certe produzioni sull’ambiente. Perché se è certamente meno complesso realizzare progetti etici sui prodotti alimentari, e di conseguenza promuovere un consumo più consapevole in materia, è difficile ma non così impossibile far comprendere al consumatore che anche dietro a una semplice maglietta sono necessarie filiere trasparenti ed etiche.“Per il flash mob – spiega Margherita Motta – responsabile della bottega di via Zucchi – invitiamo tutti a presentarsi con una maglietta al contrario, per mostrare l’etichetta, e con un cartello in grado di dire chi ha realizzato ciò che si indossa. Altrimenti a rappresentare il capo sarà un bel punto di domanda”.