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Mezzago, asparago rosa e economia verde: se il Comune fa start up

La regola d’oro è partire da un prodotto di qualità, come l’asparago rosa di Mezzago. Poi si può sviluppare l’altra economia che permette di mettere sui piatti della bilancia mattoni e verde, e scegliere poi quest’ultimo. E fare turismo, anche in Brianza. Incassando e finanziando in questo modo altri progetti.
Anche lo chef Davide Oldani a Mezzago per l'asparago rosa - credit: foto Giudicianni&Biffi
Anche lo chef Davide Oldani a Mezzago per l’asparago rosa – credit: foto Giudicianni&Biffi Redazione online

È l’altra economia e, a distanza di vent’anni, dimostra due cose. La prima: che è possibile mettere sui piatti della bilancia – ma a parità di peso stavolta – mattoni e verde, e scegliere poi quest’ultimo. La seconda, che persino in Brianza – che non è la Maremma – è possibile fare turismo. Incassando e finanziando in questo modo altri progetti. Come? Partendo da un prodotto di qualità.

Il brand – Oggi Mezzago, comune di 4mila anime nella Brianza vimercatese, è noto oltre i confini provinciali. L’asparago rosa è diventato un brand, marchio riconosciuto e a denominazione, per il momento, comunale (DeCo). Ogni anno, alla raccolta, si apre la tradizionale sagra e in un mese i numeri sono più che significativi: 1.200 presenze a weekend – una media di 5mila persone nei quattro fine settimana dell’evento – e un giro d’affari di circa 100mila euro. Incassati da Pro Loco, che ha bilancio autonomo, utili però a finanziare attività relative all’asparago, ma anche progetti nuovi o già rodati in ambito culturale, scolastico e di promozione turistica elaborati insieme al municipio.

L’idea alla base del progetto, infatti, non è stata quella di garantire al Comune introiti diretti in cambio dei mancati oneri incassati, quanto piuttosto di dare vita ad un sistema utile a tutta la comunità.

«Da un punto di vista economico – precisa infatti il sindaco Giorgio Monti – il Comune non guadagna nulla. Però c’è un ritorno in termini di conoscenza, di progetti fatti insieme e finanziati da Pro Loco, che versa un contributo importante per la produzione stessa dell’asparago rosa, senza pesare così sul bilancio comunale».

La cooperativa – L’avventura dell’asparago mezzaghese, come si diceva, è iniziata una ventina di anni fa. Il tutto da una scelta all’epoca del piano regolatore.

«L’idea -prosegue Monti- è stata quella di rilanciare il territorio comunale in prospettiva agricola e di spazi aperti e non in termini di urbanizzazione».

In concreto, si costituì una cooperativa: 15 soci, di cui uno solo agricoltore, un prestito di 20 milioni di vecchie lire dalla Coop di Mezzago e un investimento da parte del Comune in 70mila radici di asparago: «Il Comune fece eseguire uno studio agronomico per capire se il progetto era fattibile, coinvolse la Regione, fece attività di mediazione e finanziò gli impianti per i primi quattro ettari».

A distanza di un ventennio, i produttori sono diventati quattro e i terreni destinati alla coltivazione quadruplicati, passando dai quattro ettari iniziali fino agli attuali 16 ettari.

«Da allora sono nate altre aziende – prosegue il sindaco – In alcuni casi hanno deciso di produrre in proprio, in altri di produrre e conferire tutto alla cooperativa».

Il Comune ha continuato a vegliare, conferendo la denominazione, stilando un disciplinare e istituendo una commissione di controllo .«È uno stimolo a proseguire -dice Giorgio Monti – La cosa positiva è che attorno agli asparagi si è creato un progetto che ora guarda anche ad altre coltivazioni. Gli asparagi hanno un ciclo che dura dieci anni, dopodiché è necessario sospendere temporaneamente. L’aver reso l’asparago un prodotto di eccellenza, ha senza dubbio creato un volano anche per altri tipi di colture».
Come il cerealicolo e gli ortaggi. Su questo fronte si sta sviluppando un nuovo sistema che punta a tutto ciò che precede o segue le colture asparagicole. Ma non solo. Perché anche da un campo può nascere un’idea di turismo intelligente.

Labirinto di mais – Mezzago, nel 2016, si è inventata un labirinto di mais. Il progetto, nato dalla fantasia dell’artista Maria Mesch, ha totalizzato ben 5.000 visitatori. Quindi si può fare turismo in Brianza? «Si può fare in base a quello che hai, senza progetti faraonici, ma valorizzando le idee che sembrano piccole e invece possono avere un forte impatto».
Ed è possibile un’economia diversa? «Diciamo di sì, un territorio può essere competitivo, certo a livelli economici differenti, ma ugualmente validi».

Qualcuno rimpiange i mancati centri commerciali? «Non direi, la forza del progetto- conclude Monti – è che alla base non c’è stata la riscoperta nostalgica dell’ortaggio, ma il fatto di credere in un modello economico locale di valore, a partire dal giusto prezzo pagato agli agricoltori fino ad arrivare alle cucina di qualità». Come quella dello chef stellato Davide Oldani, ospite d’onore sabato scorso al ristorante di Palazzo Archinti: «Il fatto che Oldani abbia apprezzato è importante, ma i primi a crederci sono proprio i mezzaghesi».