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Lavoro, il sindacato e i voucher: «Troppi furbetti, ma non vanno tolti»

VIDEO Parla Rita Pavan - Sempre più voucher lavoro in circolazione, sempre più furbetti che se ne approfittano a scapito dei lavoratori. La conferma viene dall’attività dell’ufficio Vertenza della Cisl Monza Brianza Lecco.
Monza Voucher lavoro
Monza Voucher lavoro Fabrizio Radaelli

Sempre più voucher lavoro in circolazione, sempre più furbetti che se ne approfittano a scapito dei lavoratori. La conferma viene dall’attività dell’ufficio Vertenza della Cisl Monza Brianza Lecco che durante l’anno appena concluso ha dovuto far fronte a un centinaio di richieste di informazioni (ma le vertenze poi sono state una ventina) da parte di lavoratori che volevano sapere se la loro retribuzione con i “buoni-lavoro” fosse regolare.

Spesso e volentieri, più o meno nella metà dei casi, in realtà vengono usati per pagare quello che è un lavoro subordinato. Nell’edilizia ma anche nel turismo, nel commercio al dettaglio e persino nel settore servizi e nel manifatturiero stanno avendo un utilizzo crescente.

«Secondo noi – dice Stefano Goi responsabile dell’ufficio Vertenza della Cisl locale – il ricorso ai voucher in Brianza è in crescita».


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Una sensazione che viene dall’esperienza quotidiana allo sportello, ma che non è corroborata da dati precisi aggiornati. Dall’Inps regionale si sa che nel 2015 i voucher venduti in Brianza sono stati quasi un milione e mezzo (1 milione 436mila e 767) con un aumento monstre (più 84 per cento) rispetto all’anno precedente. Cosa sia successo nella provincia di Monza nel 2016, però, non è ancora dato sapere. Gli abusi si sprecano, insomma, ma l’eliminazione totale dei voucher, per la Cisl, sarebbe sbagliata. Anzi, lo stesso sindacato usa questa modalità di pagamento per una novantina di persone collaboratrici saltuarie della categoria dei pensionati.

«La Cisl – specifica Rita Pavan, segretaria generale Cisl Monza Brianza Lecco – ritiene che il referendum non sia lo strumento più idoneo per regolare i temi del lavoro. Puntiamo sulla negoziazione. Sui voucher la Cisl è per una forte riduzione degli stessi, ma non per l’abrogazione totale. La loro liberalizzazione è, purtroppo, avvenuta progressivamente: la tracciabilità è un giusto correttivo, ma da solo è insufficiente. Siamo per eliminarli in edilizia e in agricoltura, e ovunque sostituiscano il lavoro dipendente. Vanno riportati alla loro funzione originaria, che era quella di far emergere dal “sommerso” lavori occasionali e saltuari. Va colpito l’abuso. Come Cisl Monza Brianza Lecco usiamo i voucher per i nostri collaboratori pensionati, altrimenti non sapremmo come retribuirli, essendosi ridotta anche la possibilità delle collaborazioni coordinate e continuative».

Se non ci fossero, inoltre, molti verrebbero pagati in nero: «Se devo trovare per un paio di giorni la sostituta della badante contrattualizzata– conclude Goi – il pagamento in voucher è la soluzione adeguata. Il problema è l’uso distorto. E poi servirebbero sanzioni più severe e maggiori controlli».

Ma la fantasia dei furbetti del voucher non ha limiti: gli “artisti” del raggiro sforna sempre nuovi idee per aggirare le norme a loro vantaggio. Così è successo a un lavoratore brianzolo di un’azienda di servizi. Problema: come eludere il tetto massimo di 2mila euro in un anno che possono essere pagati per ogni lavoratore? Semplice: basta intestare i voucher eccedenti alla fidanzata.

C’è chi è troppo creativo ma anche chi è irrimediabilmente svagato, dimenticandosi di attivare i voucher.

Gli smemorati sono i dirigenti di un’azienda del settore logistica. Una sbadataggine per rimediare alla quale è dovuta intervenire la Cisl, ma che al lavoratore è costata qualcosa come 3mila euro.

Quello che emerge all’ufficio Vertenze, comunque, rischia di essere solamente la punta di un iceberg di dimensioni ben superiori alla parte visibile. Lo rivela anche la disparità tra il numero di persone che si presentano per chiedere informazioni e quelle che poi decidono di aprire effettivamente una vertenza per farsi riconoscere le loro ragioni.

«Molti poi – spiega ancora Stefano Goi – non vengono oppure vengono quando hanno cessato il rapporto di lavoro».