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La crisi K-Flex: rinviata l’udienza davanti al giudice del lavoro di Monza

È stata rinviata di una settimana l’udienza dei lavoratori K-Flex prevista il 4 maggio davanti al giudice del lavoro di Monza.Nuovo appuntamento per giovedì 11 maggio alle 14.30 .
Lavoratori della K-Flex di Roncello a Monza l'1 maggio 2017
Lavoratori della K-Flex di Roncello a Monza l’1 maggio 2017 Fabrizio Radaelli

È stata rinviata di una settimana l’udienza dei lavoratori K-Flex prevista il 4 maggio davanti al giudice del lavoro di Monza.Nuovo appuntamento per giovedì 11 maggio alle 14.30 in virtù dei tempi di presentazione da parte dell’azienda dei documenti necessari, la memoria difensiva che le organizzazioni sindacali “non avrebbero avuto modo di valutare”.

È la vertenza K-Flex, la multinazionale con sede a Roncello, che ha licenziato 187 operai adducendo che l’impianto brianzolo lavori in perdita nonostante utili milionari a livello di gruppo.


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Il ricorso alla magistratura è volto a ottenere la nullità della procedura di licenziamento collettivo. Possibile che il giudice inviti le parti a conciliare. Il ricorso si basa su un accordo che la famiglia Spinelli, titolare della K-Flex, ha firmato con le organizzazioni sindacali a fine dicembre 2016 impegnandosi a non licenziare per tutto il 2017. L’azienda da parte sua ha fatto sapere di aver offerto 20mila euro lordi a testa (poi saliti a 30mila) come incentivo alle buoneuscite. Offerte respinte dai lavoratori.  

“K-Flex intende chiarire che, nell’ambito della trattativa sindacale e dei diversi tavoli di confronto con Istituzioni, parti sociali e rappresentanze sindacali, ha sempre dichiarato l’impossibilità a proseguire con l’attività produttiva della sede di Roncello ma ha più volte risposto positivamente alla richiesta di mettere a disposizione strumenti che attenuino le conseguenze sul piano sociale della procedura di licenziamento collettivo in corso. Non è quindi a causa di una “totale indisponibilità” di K-Flex se non è stato possibile sottoscrivere un accordo sindacale entro i

termini utili”, ha fatto sapere l’azienda in un comunicato.

Specificando poi che è stata offerta una “cifra superiore sia rispetto a quanto mediamente viene concordato per i casi di cessazione di attività, sia rispetto a quanto concordato nell’accordo di riduzione di personale del 27 novembre 2014, per i lavoratori con più di 50 anni di età” e che “K-Flex era disposta a sostenere strumenti di politiche attive (outplacement o analogo valore economico) che sarebbero stati aggiuntivi rispetto a quanto messo a disposizione dalla Regione Lombardia”.

Intanto Annamaria Furlan, segretaria generale Cisl, e Angelo Colombini, segretario generale Femca Cisl, hanno sottolineato come la vertenza della K-Flex di Roncello sia emblematica per tutto il Paese e occorra vincolare le aziende a rimanere in Italia e a non delocalizzare se si ricevono soldi pubblici.

“Chiediamo al governo italiano di intervenire su questa vicenda e di convocare un tavolo urgente che produca una soluzione sul mantenimento dell’occupazione nel territorio nazionale e che tramite interventi straordinari impedisca che i fondi pubblici diventino l’ingrediente di licenziamenti e disoccupazione e disperazione sociale. Occorre prevedere vincoli precisi per le aziende che intendono delocalizzare le produzioni dopo aver ricevuto finanziamenti pubblici. Non basta la promessa di restituzione dei fondi provenienti dalle tasche dei cittadini. Bisogna vincolare con un provvedimento legislativo la K-Flex e le altre aziende che hanno ricevuto sovvenzioni pubbliche a rimanere in Italia, come fanno tra l’altro altri paesi europei, altrimenti si tratta solo di aiuti di stato ad imprese che non solo non esercitano una responsabilità sociale ma fanno anche un cattivo uso dei fondi pubblici”, hanno analizzato in una nota congiunta.