Intesa Aimb e Assolombarda, Dell’Orto: «Gli stessi servizi, più possibilità di matching e affari»

Il presidente di Confindustria Monza e Brianza, Andrea Dell’Orto,racconta il progetto di fusione tra Aimb e Assolombarda: «Resterà il presidio del territorio, ma faremo valere di più le nostre ragioni».
Intesa Aimb e Assolombarda, Dell’Orto: «Gli stessi servizi, più possibilità di matching e affari»

Intervistare uno dei propri editori non è mai semplice: tanto vale dichiararlo per rispetto ai lettori. Andrea Dell’Orto, presidente della Confindustria di Monza e Brianza, è “azionista” forte del Cittadino. Capita però che l’editore possa avere una notizia: in questo caso la fusione tra l’associazione degli industriali di Monza e Brianza e l’omologa di Milano, cinque volte più grande. La cosa è sulla bocca di molti da tempo: per la prima volta Dell’Orto rivela il progetto, raccontandone quelli che ritiene i vantaggi e rispondendo alle critiche di chi ne anticipa le difficoltà.

Presidente, partiamo dalle basi: a cosa serve, oggi, una Confindustria?
«Storicamente, Confindustria ha due ruoli: rappresentanza industriale e servizi alle imprese. Oggi il contesto è cambiato con una rapidità impressionante: la scala è globale, i tavoli decisionali sono sempre più sovranazionali, e la rappresentanza deve seguire queste evoluzioni. Un governo come quello di Renzi è sia frutto sia causa della crisi dei corpi intermedi, e Confindustria è investita in pieno da questa evoluzione. A cosa serve, dunque, un’associazione territoriale? Con un esecutivo che tra i suoi pregi non vanta quello di avere una politica industriale, Confindustria gioca un ruolo cruciale nel far partire idee e progetti dai territori, soprattutto da quelli – come la Brianza – ad alto tasso manifatturiero. Dunque non solo rappresentanza ma anche occupazione di vuoti istituzionali che il disgregarsi dei corpi intermedi e la ridiscussione di un ente come la provincia lasciano».

È in questo contesto che nasce l’idea della fusione con Milano?
«Confindustria si è data un periodo, di qui ai prossimi 5 anni, entro cui realizzare una razionalizzazione del proprio assetto: è la cosiddetta riforma Pesenti, che porterà le territoriali dalle cento circa di oggi a 50 nel 2017 e 30 nel 2020.

L’associazione di Monza e Brianza che presiedo per numero di associati non ha la necessità di fondersi, stando ai criteri di questa riforma. Ma sono convinto che perdere questa occasione ci porterebbe, proprio in un contesto in cui tutti si aggregano, a restare isolati.

Con chi? La scelta di Milano è dovuta a logicità strategica, ma anche alla qualità del dialogo con i vertici attuali, altrettanto convinti dell’opportunità dell’accordo».

Ma l’imprenditore iscritto che vantaggi avrebbe? Non sparirebbe in un’organizzazione più grossa?
«Il vantaggio è la valorizzazione dell’impresa manifatturiera e l’aumento qualitativo della possibilità di rappresentanza. Salirà il peso specifico delle nostre istanze, proprio perché espresse su un tavolo più grosso.

Questo senza perdere un presidio territoriale: i servizi resteranno, nessuno dovrà andare a Milano per una vertenza o un incontro della sua azienda, né per utilizzare i nostri uffici. Anzi, casomai l’iscritto avrà servizi in più: non ho problemi a riconoscere che Assolombarda è più avanzata di noi in campi quali l’assistenza fiscale e i rapporti con le banche.

Nelle prime discussioni che stiamo avendo in Aimb avverto la preoccupazione, soprattutto da parte delle piccole e medie imprese, di perdere il contatto col territorio. Per questo resterà un comitato territoriale, con un suo presidente, che custodisca il livello giusto di rappresentanza senza perdere i vantaggi di essere nel nuovo aggregato».

Un disegno così ambizioso non può essere privo di criticità: quali sono le maggiori?
«Dal mio punto di vista, comunicare l’opportunità di questa azione. Monza e la Brianza vivono da decenni un rapporto di sudditanza o conflitto con Milano: la nostra sfida è superare questo approccio. Gli argomenti sono solidi: aumentare il bacino di imprese associate da mille a seimila vuol dire far esplodere le possibilità di matching e di affari. Capisco i timori logistici: “e poi dove vado?”. Bene, vogliamo essere innovativi anche in questo. Stiamo studiando, col sistema di Telepresence della Cisco che ha entusiasmato Sergio Marchionne, la possibilità di fare riunioni operative in teleconferenza per ovviare ai problemi di spostamenti».

Quali sarebbero tempi e modi della fusione, almeno nel suo progetto?
«Entro fine marzo intendiamo approvare il protocollo esecutivo, e due mesi dopo varare il progetto vero e proprio in assemblea straordinaria. Quello sarà il punto di non ritorno».

Come risponde a chi l’accusa di condurre il progetto per mere ambizioni personali?
«Confermo! Chi fa impresa per definizione ha ambizioni. Che sono diverse dagli interessi personali. Il mio in questa partita è avere il massimo per le nostre imprese: questo genera sospetti? Pazienza, è la verità. Poi non nascondo che mi auguro di guidare Confindustria in questo passaggio storico, e spero di essere ricordato per questo».


E Milano? Perché dovrebbe accettare le “nozze” con la Brianza?
«Semplificando un po’: Milano ha i servizi, noi la manifattura. Assolombarda è molto cambiata sotto la presidenza di Gianfelice Rocca: questo nuovo management ha facilitato l’accordo. Dobbiamo sfruttare questa convergenza per un’intesa che prosegua anche con i successori».

Un’alleanza così, per quanto imprenditoriale, è anche “politica”. In che ottica va vista?
«Sicuramente puntiamo anche a una rappresentanza più elevata in cui far valere le nostre istanze. Il primo terreno, per esempio, visto che parliamo di asse tra Milano e la Brianza, è quello delle infrastrutture, che restano un problema immenso. Sono convinto che sarà più facile affrontarlo, e lo stesso vale per far pesare le nostre ragioni sul piano della politica industriale e fiscale».

Anche per risolvere i problemi dell’Autodromo da lei presieduto?
«Certo. È un altro asset che non è pensabile affrontare come un problema solo di Monza».