Il futuro nero della Matteograssi A Giussano non c’è più speranza

E’ tutt’altro che chiaro il futuro per i 63 lavoratori della Matteograssi. Si sono tenuti due incontri questa settimana, ma di certezze per il proseguo occupazionale ancora ce ne sono poche. I Ma l’attività produttiva è destinata a non riprendere più.
Dipendenti davanti ai cancelli della Matteograssi
Dipendenti davanti ai cancelli della Matteograssi

E’ tutt’altro che chiaro il futuro per i 63 lavoratori della Matteograssi. Si sono tenuti due incontri questa settimana, ma di certezze per il proseguo occupazionale ancora ce ne sono poche. Il primo nella sede di Monza della Provincia alla presenza del presidente Dario Allevi, degli organismi sindacali, della Regione Lombardia e del sindaco di Giussano Matteo Riva con l’assessore al bilancio Stefano Viganò. La riunione era stata richiesta proprio dai sindacati prima dell’estate per informare le Istituzioni politiche: una trentina di dipendenti, a fronte dei mancati stipendi prima dell’estate aveva deciso di incrociare le braccia, uno sciopero durato diverse settimane.

L’azienda, dopo le vicende dello scorso anno che avevano costretto la proprietà a ricorrere a procedure concorsuali di liquidazione, aveva nei mesi scorsi ripreso l’attività sotto forma di “affitto di ramo d’azienda” con la ragione sociale Matteograssi Srl. Poi, in pochi mesi, si sono nuovamente manifestati problemi che hanno reso difficile l’erogazione degli stipendi ai lavoratori, che ora rischiano di veder chiudere l’azienda.

Giovedì, infatti, Cgil, Cisl e Uil hanno nuovamente incontrato i legali dei soci «che hanno manifestato pareri e intenzioni contrastanti – ha detto Andrea Baldo della Feneal Uil -. Da un lato, l’ amministratore delegato vorrebbe arrivare alla chiusura aziendale senza il fallimento, dall’altro si vorrebbe portare i libri in tribunale entro la fine della prossima settimana con tutto ciò che comporta. Noi non abbiamo ancora avuto risposte, intanto, su cosa accadrà ai dipendenti. Tra l’altro, il Tribunale è quello di Pordenone, dove l’azienda ha la sede legale, una regione a Statuto speciale. La tempistica sarà lunga. Insomma chiediamo chiarezza da mesi e più passa il tempo più la situazione si fa contorta. Abbiamo chiesto, con procedura d’urgenza, una riunione con il curatore fallimentare che ci è stata accordata per mercoledì 17. Vorremmo capire di quali ammortizzatori sociali intendano avvalersi, con quali tempi e come saranno retribuiti i lavoratori nella fase transitoria fra la data di deposito della richiesta di fallimento e l’effettiva approvazione da parte del tribunale. Nel frattempo i dipendenti non stanno lavorando. In questo momento tutti e 63 i lavoratori sono a casa, non solo quelli della produzione. Si tratta di persone con famiglia a carico, magari entrambi, marito e moglie, senza un’occupazione».

Al rientro dalla pausa estiva, il 26 agosto, i lavoratori avevano trovato i cancelli chiusi. Ad aspettarli c’era un cartello affisso all’ingresso, che avvisava della riapertura al 15 settembre. «In realtà – ha aggiunto Baldo – l’attività non riprenderà proprio. Abbiamo suggerito ai rappresentanti dell’azienda di mandare almeno una comunicazione ai lavoratori del fatto che il 16 settembre non ci sarà nessuna riapertura. Confidiamo nella riunione con il curatore per capire come verrà gestito il mantenimento delle maestranze e nella riunione in Provincia il 24 settembre quando al tavolo sono stati invitati tutte le parti, sperando vi partecipino e non si allunghino ancora i tempi».