Agrate, la Star è uno scatolone sempre più vuoto

L’azienda lancia la “compattazione” delle linee produttivo, dismettendo parte della fabbrica. I sindacati lanciano l’allarme. E non si vedono nuovi spiragli occupazionali.
Agrate, la Star è uno scatolone sempre più vuoto

Compattare. Dimezzando il volume produttivo degli impianti di via Matteotti. Riparte da qui il piano di razionalizzazione e di riduzione dei costi che in questi giorni Star ha comunicato ai sindacati di voler attuare. Si tratta di un elemento di novità intervenuto in queste settimane all’interno del percorso di confronto avviato tra le parti sociali dopo l’estate e in prosecuzione da qui a fine anno. “Di fronte a questa prospettiva, o si riesce a portare ad Agrate più lavoro o altrimenti questo piano di compattazione per noi sarà inaccettabile”, ha avvertito Matteo Casiraghi, Flai Cgil. La preoccupazione è evidente: da anni le maestranze chiedono investimenti decisi sullo storico sito agratese, altrimenti sottoposto a uno stillicidio di microprocedure di mobilità e di progressivo ridimensionamento. Oggi, l’annunciato dimezzamento dell’area dedicata alla produzione, unito alla cassa integrazione già in atto e alla prospettiva di mancata ripresa delle commesse nel 2015, non può che ingigantire i fantasmi della ristrutturazione e il rischio di esuberi strutturali. Timori che aggiungono motivazione alla partecipazione di parte dei lavoratori della Star alla manifestazione sindacale odierna a Roma.

All’ordine del giorno della vertenza in atto sono gli accordi aziendali contrattuali e la prospettiva aperta dal piano di riduzione della struttura produttiva, e dunque anche la contrattazione degli ammortizzatori sociali da mettere in campo nel 2015 per evitare il ricorso alla mobilità, quindi ai licenziamenti. Tra le istanze dei sindacati, intenzionati a coinvolgere le istituzioni del dibattito, c’è la richiesta di una pianificazione industriale che apra una prospettiva seria e concreta, di medio e lungo periodo, che sappia guardare oltre l’evento dell’Expo milanese.

Dopo il trasferimento della parte amministrativa avvenuto ad aprile, con cento impiegati trasferiti nella sede milanese del gruppo di Gallina Blanca, sono rimasti circa 200 addetti in via Matteotti, 35 dei quali coinvolti nella procedura di cassa integrazione che, da qui a dicembre comporterà due settimane di lavoro e una di fermo. Se non saranno approntate soluzione di salvaguardia dell’organico, il rischio è che questo segmento occupazionale interessato ora dall’ammortizzatore sociale si trasformi in un contenitore di esuberi da sottoporre successivamente a mobilità e dunque a licenziamento. Scenario che i sindacati intendono scongiurare in ogni modo.

Il confronto tra le parti prosegue dunque nel solco tracciato ormai da qualche anno, a partire dall’acquisto del marchio da parte degli spagnoli nel 2007, con la proprietà, da un lato, a ribadire la valenza strategica del sito agratese, a promettere investimenti corposi e a rimarcare la volontà di restare sul mercato italiano da protagonista, e dall’altro l’impoverimento progressivo dell’area, che ha perso gli uffici e visto ridimensionare il personale sulle linee in reparto. Sette anni fa i dipendenti di via Matteotti erano 540, oggi, dopo l’acquisizione completa, dieci procedure di mobilità e il trasloco degli amministrativi, i lavoratori sono scesi a 250.