Né vera, né falsa davvero: ecco la Villa “Reale” di Nadir Valente

Decine di fogli A4 passati da una fotocopiatrice per riprodurre in bassa fedeltà la facciata e le ali della Villa reale in scala, all’interno della galleria Maurizio Caldirola arte contemporanea. È “Reale” di Nadir Valente.
Né vera, né falsa davvero: ecco la Villa “Reale” di Nadir Valente

Quando Nadir Valente ha vinto una residenza a Shangai, in Cina, non ha potuto far altro che moltiplicare all’ennesima potenza quello che già faceva: giocare sulla contraffazione, sul reale, sulla percezione del vero e sulla sua apparente falsità. Nella terra della copia del reale – dove anche nelle accademie di belle arti il disegno dal vero è sfida all’iperrealismo, racconta – ha preso i falsi iPhone che sono solo apparentemente falsi e in realtà sono capolavori dell’unicità dell’artigianato, e li ha fatti finti. In A4, disegnati. E moltiplicati. All’infinito.

Cosa è vero e cosa è falso sono al centro della ricerca dell’artista di Carmagnola, in Piemonte, che da anni ha scelto la duplicazione del reale con l’utilizzo di carta, fotocopie e stampe serigrafiche per raccontare che i confini tra vero e falso sono molto più sottili di un foglio di carta e che la realtà, per quanto la conosciamo, è capace di essere altrettanto vera (o alternativamente vera) anche quando non è più quello che si crede sia. E per farlo usa oggetti, persone, status symbol e icone. Esattamente come la Villa reale, fresca fresca di restauro e di un nuovo senso del reale. “Reale”, appunto, come il titolo della mostra di cui è protagonista alla galleria Maurizio Caldirola arte contemporanea, in via Volta, dove da martedì 21 ottobre l’artista nato nel 1982 presenta il suo ultimo gioco di specchi con la realtà tangibile.

“Effetto Xerox” lo ha chiamato Alberto Zanchetta, curatore della mostra: una serie di fotocopie – in quanto tali low-fi – che rappresentano il cortile d’onore della reggia di Monza. La riproduzione (A4 per A4) del corpo centrale e delle braccia dell’ala nord e dell’ala sud riprodotte nell’ambiente della galleria. Dove Nadir Valente, scrive Zanchetta, preferisce all’imperativo del technicolor e dell’alta fedeltà lo sdrucciolevole condizionale della bassa definizione.

«In un mondo analogico, in cui stentiamo a distinguere ciò che è autentico rispetto a ciò che è falso, inabili a discernere il simulacro dall’originale, l’artista non intende ricorrere a virtuosismi, vuole viceversa riscoprire le qualità “povere” della stampa xerox – scrive Zanchetta – Usando formati standard, attenendosi cioè alle regole e ai limiti imposti dal mezzo con cui opera, l’artista realizza degli oggetti, foglio su foglio, o degli ambienti, foglio dopo foglio; il risultato finale è quello di un mosaico di carta, un opus sectile le cui parti mettono in evidenza le piccole imperfezioni della grana dell’immagine».

E se quando ha creato il multiplo di “iPhone 4” l’intenzione paradossale dell’incapacità di distinguere cosa è vero e cosa è falso, così come aveva sfidato la percezione della realtà con “Be original” con cui ha partecipato nel 2013 al Premio Cairo (risme di carta che riproducono borse false griffate), qui lo stravolgimento dei sensi diventa meno immediato.

È dentro quello che è fuori, ricorda il curatore, è vera ma non iperreale la riproduzione, è copia ma non è rappresentazione. “Reale”, appunto, proprio perché falsa: le fotocopie raccontano più quello che è stato per anni nell’immaginario comune (un cadavere architettonico in bianco e nero) che non la tavolozza di porpore e ori che si trova di fronte il visitatore della reggia restituita al pubblico. Un trompe l’oeil, dice Zanchetta, a proposito della riproduzione a due dimensioni del ferro di cavallo della Villa reale: ma è un trompe l’oeil di breve corso, perché fino a qualche settimana fa la Villa reale era questo, una realtà bidimensionale nella maggior parte dei casi inaccessibile. Così lontana nello spazio da risultare lontana nel tempo. In bianco e nero, appunto.

«Dichiarando le proprie intenzioni e i relativi limiti delle fotocopiatrici, Nadir Valente verifica un’estetica e una metafisica. Il suo non è il tentativo di tornare all’identico, ma di rendere omogeneo il diverso – conclude il curatore – Analogo eppure differente: la pelle-epidermide che ne deriva si contrae o si dilata, non già per combaciare con il reale ma per aderire alle contingenze. All’artista non interessa il grado di verosimiglianza, ma il grado di intensità che ne deriva». Dopo l’inaugurazione di martedì 21 l’installazione site specific di Valente rimane in via Volta 26 fino al 21 novembre.